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Suor Maria Cristina, una maestra e una seconda mamma per tanti Ravellesi

Taglia oggi il traguardo dei sessant’anni di professione religiosa

Inserito da Antonio Schiavo (redazionelda), mercoledì 31 ottobre 2018 15:36:41

di Antonio Schiavo

Ho avuto l'impressione che, quando con Giulia sono andato a salutarla al termine di una messa la scorsa estate, sfuggendo al ferreo controllo della madre Badessa, Suor Maria Cristina non ci abbia riconosciuti subito.

Poi mentre ci stringeva le nostre mani nelle sue, sempre diafane e lisce nonostante l'età avanzata, ha sorriso e in quel momento forse ci ha rivisti bambini.

Indosso un grembiulino a quadretti, stretto in mano, simile ad un forziere, un panierino di plastica azzurro o rosa con un panino, un formaggino, un frutto verso Santa Chiara e il suo monastero delle Clarisse.

Qualcuno (indovinate chi?) piagnucolava, altri, meno spesso, erano baldanzosi e più sereni. Lei ci accoglieva al portone verde che dava sulla strada e che anticipava una porta a vetri. Poi c'erano due stanzoni: l'asilo di tutti noi piccoli ravellesi.

Il primo era la nostra aula e il nostro parco giochi: tavolinetti allineati per i primi disegni scarabocchiati, la famose "cornici" da colorare curando di non uscire dai bordi, i quaderni con la copertina nera e i bordi rossi per le asticelle e, qualche mese dopo, le vocali. Suor Maria Cristina, una maestra o una seconda mamma? Allegra e comprensiva ma anche severa quando era il momento, ci seguiva con lo sguardo, anche lì a volte tenero a volte un po' più burbero, mentre, dopo la preghiera di inizio giornata (mi sembra cominciasse con "Ti adoro mio Dio") cominciavamo qualche compitino, un accenno di catechismo che poi avremmo frequentato più avanti e, ad un orario stabilito, i giochi.

Tre grandi vetrate sulla parete con mattoncini di legno, attrezzature-giocattolo di cucina e medicina, qualche bambola.

Di tanto in tanto qualcuno di noi sgattaiolava verso una fontanella a zampillo per una breve bevuta ma...mica tante volte ! Bere ti portava a fare più spesso la pipì e anche l'accesso ai bagnetti in fondo a destra era cadenzato. E pianificato.

Se ti scappava quando c'era lei forse potevi sperare in un briciolo di comprensione; meno quando ogni tanto veniva in asilo Suor Maria Gerardina, la Madre Vicaria che, non sapendolo pronunciare (o forse per inconsapevole lapsus freudiano) chiamavamo Madre "Sicaria".

Intanto si faceva ora di pranzo e si apriva un altro "Sancta Sanctorum", un salone molto grande con al centro un rettangolo fatto di tavoli caratterizzati da tanti buchi per le scodelle dei primi piatti. Indimenticabili gli ziti al pomodoro e la pasta e piselli della ignota Madre chef. La sala da pranzo si apriva, invero pochissime volte, su un giardino dell'Eden pieno di fiori e, di questi tempi, con la vigna punteggiata da grappoli di uva "a curneciello", mai più trovata.

Suor Maria Cristina ci faceva, allora, il regalo di una passeggiata fino a vedere il mare.

Oggi per lei, che taglia il traguardo dei sessant'anni di professione religiosa, sarà una bella giornata di festa. Da lontano possiamo, oltre a farle gli auguri, soltanto esserle grati per quanto ci ha voluti bene, ci ha guidati, per cosa ci ha insegnato indicandoci, sull'esempio della Santa di Assisi, la retta via.

Fonte: Il Vescovado

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