Tu sei qui: CronacaDiffamazione a mezzo stampa: chi denucia per intimidire dovrà risarcire i giornalisti
Inserito da (redazionelda), venerdì 17 gennaio 2020 16:10:35
É in aula al Senato il disegno di legge che detta disposizioni in materia di lite temeraria in casi di diffamazione a mezzo stampa. Un solo articolo per introdurre un comma nell'articolo 96 del codice di procedura penale per prevedere una ipotesi di responsabilità aggravata civile per chi, in malafede o colpa grave, attiva un giudizio a fini risarcitori per diffamazione a mezzo stampa. Il provvedimento ha l'obiettivo di tutelare i giornalisti da azioni giudiziarie per diffamazione che hanno come unico obiettivo quello di intimidirlo e farlo tacere.
Un provvedimento che già nella scorsa legislatura aveva affrontato l'iter parlamentare senza raggiungere il traguardo. Complesso il percorso, anche in questa legislatura. La difficoltà di trovare un'unanimità sul provvedimento ha portato all'ingresso in aula di un testo più circoscritto rispetto a quello della scorsa legislatura.
«Viene quindi stabilito - ha sottolineato il relatore Arnaldo Lomuti (M5S) - un parametro oggettivo al quale il giudice, al momento del rigetto della domanda, debba rifarsi». Il provvedimento a tutela della libertà di stampa è stato promosso dal senatore pentastellato e giornalista Primo Di Nicola, che negli anni Novanta sulle pagine dell'Espresso fu protagonista in prima persona di una querela da parte di Massimo D'Alema. La vicenda riguardava la casa del parlamentare e la querela fu per violazione della privacy, con una richiesta di danni per un miliardo di vecchie lire. La querela poi fu ritirata.
In pratica la nuova disposizione prevede che, su domanda del convenuto, il giudice, rigettando la domanda di risarcimento, possa condannare l'attore non solo al rimborso delle spese, ma anche al pagamento di «una somma determinata in via equitativa non inferiore alla metà della somma oggetto della domanda risarcitoria». La disposizione integra, dal punto di vista risarcitorio, quanto già disposto dagli articoli 91 e 96 del codice di procedura civile e dall'articolo 45 della legge 69/2009.
Fonte: Il Vescovado
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