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Inserito da Il Mattino (admin), venerdì 28 dicembre 2001 00:00:00
«La guerra in Afghanistan non è quella che si vede in televisione. Le sofferenze dei feriti e dei moribondi non possono essere descritte. Solo chi opera in ospedali da campo, sistemati alla meglio e con pochissimi mezzi a disposizione, può capire». Lapidaria l'affermazione di Pierluigi Susani, volontario di «Medici senza frontiere», associazione umanitaria internazionale senza alcun legame di tipo politico, economico e religioso, che ha partecipato nei giorni scorsi ad un convegno organizzato dall'associazione "Eugenio Rossetto", con Stefania Dente, presidente Msf Italia, ed Alessandra Tramontano, infermiera professionale, in procinto di partire per l'Afghanistan. «L'incontro aveva lo scopo - afferma il presidente Ferdinando Castaldo D'Ursi - di far meditare sulle barbarie della guerra e di raccogliere fondi per Msf». «Lavorare come presidio sanitario - prosegue Susani - in quest'area è terribile. Qui la gente, che vive sui monti durante i mesi invernali per il gran freddo, resta chiusa in catapecchie d'argilla e tenta di riscaldarsi con sterco di mucca. Con la guerra la situazione è peggiorata. Si può morire anche con un semplice raffreddore. E le cose certamente non miglioreranno a breve. I guerriglieri dell'Alleanza del Nord non sono certamente migliori dei Talebani. Ancora oggi non permettono di far visitare e curare una donna da medici di sesso maschile». «Il nostro compito è di aiutare le popolazioni in pericolo - rileva Stefania Dente - e portare la loro voce dove non può arrivare. Siamo presenti in più di 80 Paesi, molti dei quali, come l'Angola, la Somalia, la Sierra Leone e la Liberia, in stato di guerra. Conflitti di cui non si parla, ma dove la gente si ammazza quotidianamente». Ma qual è la molla che induce un operatore sanitario a partire ed a rischiare anche la propria vita per aiutare gli altri? «Voglio essere presente nelle zone di guerra per aiutare chi sta molto peggio di noi, specialmente donne, bambini e persone anziane. Mi sforzo di dare una mano per tentare di far cambiare le cose, anche se di poco. Il che significa salvare qualche vita umana. E questo non è cosa da poco». Parola di Alessandra Tramontano, che fra qualche giorno parte per Kabul.
Fonte: Il Portico
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