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Gli attesi e sentiti "Festeggiamenti in onore del SS. Sacramento"

Inserito da (admin), venerdì 27 maggio 2011 00:00:00

Premettiamo che Cava de’Tirreni, come altre 65 del Mondo, è Città Eucaristica, del pari a Lanciano, Siena, Parigi, ecc.

Ricordiamo che era il 20 febbraio 1656 quando nella Città (con la Bolla di Papa Bonifacio IX Tomacelli del 7 agosto 1394, le Terre di Cava, già costituite dagli attuali territori di Cava de’Tirreni, Vietri marina, Vietri borgo, Molina, Albori, Raito, Benincasa, Fondi e Cetara, furono elevate al rango di Città) di Cava (col Regio Decreto del 23 ottobre 1862, n. 935, a firma del Re Vittorio Emanuele II, la Città di Cava mutò il toponimo in: Cava de’Tirreni) giunse la prima ferale notizia che a Napoli, allora capitale del Regno, molta gente era rimasta contagiata dal morbo della peste bubbonica. Il contagio fu diffuso da 40 soldati spagnoli, giunti nel porto partenopeo a bordo di una galea proveniente dalla Sardegna. Nella sola Città di Napoli, già sul finire di giugno del 1656 si contarono 40mila morti.

I primi morti nella Città di Cava si registrarono a Casa Costa di San Cesareo, nel Distretto di Metelliano, a Casa Vallone in Dragonea, a Casa Angrisani in Sant’Arcangelo, entrambe nel Distretto del Corpo di Cava ed il 25 maggio 1656, giorno dell’Ascensione, a Casa Rosi, nel Casale della Santissima Annunziata, del Distretto di Sant’Adiutore. In breve tempo vi furono innumerevoli vittime, tanto che non fu più possibile seppellirle nelle chiese parrocchiali. I poveri resti venivano abbandonati lungo le strade cittadine, nelle corti dei palazzi, nei poderi e nei pozzi. Solo in un secondo tempo, i miseri corpi, raccolti dai beccamorti, venivano deposti in fosse comuni, ricoperte da calce bianca e terra.

Nel XV secolo la popolazione cavese contava 39mila abitanti, ma già sul finire del secolo XVI, a causa delle guerre, deportazioni, carestie, invasioni e pestilenze, si ridusse ad 8mila anime. Il 24 giugno 1656, nella sola chiesa parrocchiale di San Nicola di Bari in Dupino, furono seppellite 22 persone.

Il clero fece processioni, pubbliche orazioni ed esposizione di sacre reliquie, tenute nelle chiese cittadine, quali la testa di Santa Felicita, patrona del casale del Corpo di Cava, donata ai Padri Benedettini da Papa Urbano II (il Papa della prima crociata) il 4 settembre 1092, quando da Melfi, ove era in corso il Concilio, giunse appositamente al Cenobio cavense, per consacrare la primitiva chiesa abbaziale. I numerosi padri benedettini della Santissima Trinità, assieme al Clero Diocesano, portarono in pia processione le reliquie della martire Felicita, percorrendo la strada che dalla Chiesa Abbaziale del Corpo di Cava mena al Borgo, per giungere nell’attuale Concattedrale di Sant’Adjutore, in Piazza Vittorio Emanuele III.

Si portò in processione anche la statua di Sant’Adjutore (il Vescovo africano), primo evangelizzatore (nel 445) della “valle metelliana”, e l’effigie della Madonna dell’Olmo, ma il contagio non cessò! Per contar meno morti, bisognò attendere il mese di settembre.

Don Angelo Franco, unico superstite dei quattro parroci del Casale della Santissima Annunziata, al principiare dell’autunno del 1656, come si racconta, nel mentre celebrava la Santa Messa, giunto alla consacrazione del pane e del vino, che per la transustanziazione divengono il Corpo ed il Sangue di Gesù Cristo, andò in estasi, tanto da suscitare un forte stupore fra le sole donne presenti al rito religioso. Al termine della celebrazione, come per aver ascoltato una “Voce Celeste”, con quelle stesse donne, Don Angelo condusse l’Ostensorio sul terrazzo del Castello di Sant’Adjutore. Ivi giunto, portatosi nei quattro lati del vetusto maniero, impartì la Santa Benedizione alla valle sottostante. Nel mese di dicembre il morbo cessò, mentre continuò a propagarsi nei centri abitati limitrofi alla Città di Cava!

Dall’anno seguente, era il 1657, la processione seronita, eseguita nella ricorrenza del Corpus Domini, non fu più effettuata per le vie del Casale della Santissima Annunziata, come da secoli avveniva, ma verso la sommità del Colle di Sant’Adjutore, affinché li parroci, colli divoti fedeli e li sparatori (gli odierni pistonieri, trombonieri od archibugieri), raggiungessero la diruta cappella e da lì il terrazzo superiore del secolare Castello, onde impartire la Santa Benedizione allo popolo de La Cava affinché, per intercessione Divina, non si replicasse quanto avvenuto l’anno precedente.

Da 355 anni i cavesi, con i Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento, denominati, troppo genericamente, dal dopoguerra “Festa di Castello”, che ricadono nei giorni di giovedì e sabato successivi alla domenica del Corpus Domini (quest’anno si replicheranno giovedì 30 giugno e sabato 2 luglio 2011), rievocano il Miracolo Eucaristico che portò alla cessazione delle peste bubbonica.

Dal 1950, grazie alla costituzione dell’Ente Montecastello, la rievocazione, un tempo di natura puramente religiosa, con la realizzazione di cortei e rievocazioni collaterali, che coinvolgono oltre mille figuranti, in singolari costumi del ‘600, ha assunto risvolti anche folkloristici, con la sempre più crescente attrazione di turisti.

L’Ente Montecastello, col suo nutrito corteo storico, avvalendosi della spontanea e preziosa partecipazione dei sodalizi di pistonieri, cuore pulsante dell’Associazione Trombonieri, Sbandieratori e Cavalieri di Cava de’Tirreni, dei Cavalieri della Pergamena Bianca e quelli di Città Regia in groppa a magnifici destrieri, dei figuranti dell’Ente Sbandieratori Cavensi, dell’Ente Culturale Sbandieratori e Musici Città Regia, degli Sbandieratori delle Torri Metelliane e degli Sbandieratori San Nicolò de Priato - Le Cinque Contrade, oltre la Santa Messa celebrata il giovedì dell’ottava del Corpus Domini, alle ore 8, sul terrazzo inferiore del Castello di Sant’Adjutore, la sera del sabato seguente porta in scena:

- la tradizionale benedizione degli otto Casali di Pistonieri: Sant’Anna e Sant’Anna allo Oliveto per il Distretto di Sant’Adjutore; Borgo Scacciaventi-Croce e Monte Castello per il Distretto di Metelliano; Santissimo Sacramento e Filangieri per il Distretto Corpo di Cava; Senatore e Santa Maria del Rovo per il Distretto di Pasculano, impartita dal sagrato della Concattedrale di Sant’Adjutore dall’Arcivescovo della Diocesi di Amalfi-Cava de’Tirreni;
- lo sparo di oltre 300 salve di pistone (arma ad avancarica del XVI secolo), nel secolare parco cittadino di Viale Francesco Crispi;
- il corteo lungo le principali vie del Borgo, a cura dei sodalizi di pistonieri, sbandieratori, dame e cavalieri prima elencato, per oltre 1.200 partecipanti, in costume del 1600;
- lo spettacolare sparo dei fuochi pirotecnici dal Cono di Sant’Adiutore.

I Festeggiamenti in Onore del Santissimo Sacramento, ancor oggi, sono l’occasione d’incontro tra famiglie sui terrazzi, balconi e cortili delle abitazioni, per consumare le specialità tipiche del momento, quali pastiera di maccheroni, milza cotta nel vino ed aceto, zucchine alla scapece, soppressata, provolone piccante, melanzane al cioccolato, ciliegie e buon vino.

Livio Trapanese

Fonte: Il Portico

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