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Cronaca

Odio, nemico, guerra: la storia non è stata "magistra vitae"

Inserito da (Redazione), martedì 12 febbraio 2019 21:03:20

di Patrizia Reso*

Ho aspettato per scrivere. Ho aspettato che passasse anche il 10 febbraio.

Personalmente non ho mai negato le foibe, non è possibile negare nessuna evidenza e nessuna crudeltà, manifesta o documentata. D'altronde di cosa vogliamo inorridire? La guerra è guerra. Non ci sono sconti. Di questa triste, dolorosa, orripilante realtà nessuno parla.

Una guerra non solo semina lutti, falcia vite innocenti, ma rende tutti più cattivi. Uomini, donne, bambini si abbrutiscono, coltivano rancori, vivono ingiustizie che possono trasformarsi in odio. Prevale lo spirito di sopravvivenza, l'istinto che contraddistingue gli animali, non gli uomini.

Madre Teresa sosteneva sempre di essere disponibile a partecipare ad una manifestazione sulla pace, mai contro la guerra... Solo la parola evoca il peggio di ogni uomo.

Mio padre, uomo che ha fatto la guerra e che è stato pure decorato, non ha mai parlato di guerra ma, intorno al compimento dei miei dieci anni, regalò una copia della Costituzione a me e a mia sorella, dicendoci: "Abbiatene cura" e non riferendosi al libro, ma al testo (bel gioco di parole). Da allora non ho smesso di approfondire, di sforzarmi di capire.

Bisogna riflettere prima, è necessario comprendere, senza lasciarsi affascinare da parole o comportamenti che sentiamo molto vicino al nostro quotidiano e porci sempre la domanda: dove vogliamo andare?

Il Presidente Mattarella ha parlato di pulizia etnica nei confronti degli Italiani. Un popolo che era oppresso e ha pensato di diventare oppressore, seminando odio.

Nulla accade da un giorno all'altro. Si parla solo dell'8 settembre, o del 25 luglio o del 25 aprile... Prima di giungere a queste date quanti anni sono passati? Quanti giorni si sono consumati nella violenza, nella repressione? E sbagliamo anche a considerare solo il 22 ottobre. No, la repressione si costruisce con calma studiata, dobbiamo iniziare a pensare diversamente. Lo dimostrano i fatti. Un esempio: Matteotti denunciò già nel 1921, in Parlamento, le connivenze con le frange estreme della società delle forze dell'ordine, di coloro che sono chiamati a tutelare ogni cittadino, a prescindere. Matteotti ha avuto vita breve e non si era ancora in una guerra dichiarata!

Oggi si fa a gara a chi conta più morti, perdendo di vista la causa primaria, la fascinazione del male, pronta a diventare protagonista in qualsiasi momento. Un altro esempio, perfettamente attuale e calzante: il Festival di Sanremo. Che c'entra? Tante polemiche, che il più delle volte servono solo a sviare l'attenzione da aspetti molto più gravi, quando poi, si sa, da quando è nato (abbiamo la stessa età!) il festival è stato sempre il festival delle case discografiche e non dei cantanti, e ce lo ricorda Luigi Tenco. Non che questo particolare non mi dia da pensare, ma da qui a mettere al bando un cantante appellandosi al suo non essere completamente italiano, ce ne corre. Anche questa vicenda mi ha evocato altri ricordi, quelli di persone figlie di matrimoni misti, misti per etnia, per religione, che sono state costrette a separarsi o dal padre o dalla madre perché considerati non al 100%!

Signori miei, non abbiamo capito nulla! Continuiamo a celebrare le varie giornate, ma durante il resto dell'anno non ci impegniamo a conoscere, a informarci. Anzi oggi va di moda non sapere, anche non scrivere bene, è un punto in più nel proprio curriculum. Gli intellettuali, i giornalisti, gli accademici "sono da deportare", come scrivono molti politicanti da tastiera. Un tempo erano una risorsa per il Paese, oggi sono messi all'indice. Un tempo la scuola era il nostro fiore all'occhiello, oggi sopravvive grazie allo spirito di abnegazione di pochi insegnanti.

Le responsabilità di diaspore e conflitti sociali, non ancora superati e che attualmente vengono fomentati in modo strumentale, sono tutte dei vari governi che si sono succeduti da almeno due decenni. Governi che hanno smesso di educare i propri cittadini, che anziché promuovere hanno affossato ulteriormente, perché un maggior divario consente di mettersi allo stesso livello, dove è più facile emergere.

* Presidente A.N.P.I. (Associazione Nazionale Partigiani d'Italia) di Cava de'Tirreni

Fonte: Il Portico

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