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Origini e riflessioni sulla Festa di Monte Castello, sindaco Servalli: «Grandissima testimonianza di fede dei cavesi »

Inserito da (redazioneip), mercoledì 16 maggio 2018 14:36:59

Grande interesse e partecipazione al seminario: "La Festa di Monte Castello tra identità e religione. Una riflessione storica", che si è tenuto il 14 maggio presso la Sala del Consiglio di Palazzo di Città. Un momento di riflessione voluto dal sindaco Vincenzo Servalli, sulla scia dell'iniziativa presa nel 2007 allor quando si organizzò la conferenza "Processo alla Pergamena bianca.

Dibattito sulla Battaglia di Sarno (1460). I fatti, le tradizioni", con la quale si intese fare chiarezza sull'equivoco del presunto intervento armato dei 500 cavesi nella battaglia in questione, dimostrando che furono altre le vicende - queste sì autentiche ed altrettanto eroiche - che portarono il sovrano aragonese ad elargire importanti privilegi alla Città di Cava. Il secondo momento di approfondimento storico su un tradizionale evento di fede che caratterizza da secoli la comunità cavese è stato sulla "La Festa di Monte Castello, alla presenza del sindaco Servalli, di S.E. Mons. Orazio Soricelli Arcivescovo di Cava-Amalfi e di Mario Sparano, presidente dell'Ente Montecastello. L'intento è stato quello di chiarire, per la prima volta, alcune vicende strettamente legate al dilagare del morbo della peste nel 1656 e al presunto Miracolo Eucaristico di cui si è accertato non esserci stata mai un'esplicita menzione o un ricordo nelle fonti scritte coeve o direttamente successive. Nella prima relazione Beatrice Sparano ha, tra l'altro, ricondotto al culto di S. Adiutore (sancito dal 1661) e alla consacrazione della cappella al castello avvenuta in concomitanza della festa del Corpus Domini il 15 giugno 1656, la cornice di fede entro la quale inquadrare la fase più delicata della diffusione del morbo a Cava, rispetto alla quale ricorre soprattutto l'appello alla protezione della Vergine Maria.

A seguire, Gianluca Cicco ha proposto uno sguardo d'insieme sulla documentazione d'archivio dei secoli XVIII-XIX e sulle testimonianze degli storici del tempo e delle viaggiatrici straniere che hanno soggiornato in città tra Settecento e Ottocento. In particolar modo si è voluto osservare la mutazione della festa che, a partire dalla seconda metà dell'Ottocento durante i mandati sindacali di Giuseppe Trara Genoino e in virtù dell'operato del suo luogotenente Luigi Salsano, ha assunto i connotati di uno spettacolo di carattere militare con l'assedio e l'incendio del castello. Nella relazione di Cicco si è avuto anche modo di constatare che, soprattutto nell'Ottocento, i festeggiamenti hanno quasi sempre assunto la dicitura di "Festa di Castello".

Sul forte simbolismo del colle e del castello si è poi soffermato Giuseppe Foscari, terzo ed ultimo relatore, che ha ricordato le importanti funzioni militari che il maniero rivestiva ancora nel Seicento in difesa dalle scorrerie dei Turchi, per cui era comprensibile che lo stesso castello assumesse anche le conseguenti funzioni civile e religiosa. Foscari ha lungamente relazionato sulla peste del 1656 a Cava ma allargando l'osservazione anche ai centri viciniori, sottolineando aspetti di carattere sociologico, oltre che strettamente storico, sui fatti in questione, per poi concludere rimarcando i principali tratti identitari della città di Cava nella prima età moderna: l'impronta religiosa, il laicismo mercantile, l'imprenditorialità, lo spirito guerriero, il peso del patriziato.

«Con il Processo la Pergamena prima e la riflessione sulla Festa di Monte Castello - afferma il sindaco Servalli - abbiamo voluto, attraverso gli studi, i documenti disponibili, dare una traccia storica certa dei due maggiori eventi che la città celebra annualmente. Per poter eliminare falsi miti e quella confusione generata negli anni che ha fatto perdere di vista la verità che ci consegna la storia da tramandare alle future generazioni. La festa di Monte Castello, oltre ad ogni altra considerazione, rappresenta, una grandissima testimonianza di fede dei cavesi che ininterrottamente viene professata da 361 anni».

Fonte: Il Portico

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