Tu sei qui: CronacaSimonetta Lamberti, 30 anni per il killer e riapertura del processo
Inserito da (admin), martedì 18 febbraio 2014 00:00:00
Per l’omicidio di Simonetta Lamberti il pubblico ministero della Dda, Vincenzo Montemurro, chiede per il reo confesso Antonio Pignataro (dissociato) 30 anni di reclusione con il rito abbreviato, attribuendo all’unico responsabile materiale in vita solo le attenuanti generiche per quel delitto consumatosi il 29 maggio del 1982 a Cava de’ Tirreni. Deciderà il giudice per l’udienza preliminare presso il Tribunale di Salerno, Sergio De Luca, la mattina del prossimo 3 aprile dopo l’arringa degli avvocati difensori di Pignataro, Luigi Gabola e Liberato Mancusi.
Nel frattempo, ieri in aula sono state acquisite le copie delle sentenze su quell’omicidio studiato per uccidere il giudice Alfonso Lamberti (all’epoca procuratore capo a Sala Consilina), ma che per un crudele destino portò alla morte Simonetta, figlia 11enne del magistrato cavese che “dava fastidio con le sue inchieste”. Ed in base a quelle sentenze, riscontrate alcune anomalie, il pubblico ministero Montemurro chiederà la riapertura del processo a carico dei “mandanti”. Alcuni ancora in vita. L’esito del 3 aprile, quindi, non sarà l’ultimo capitolo di una vicenda lunga 32 anni, ma porterà ancora strascichi giudiziari fino a quando non sarà stabilita tutta la verità intorno al delitto di camorra.
Al banco degli imputati per adesso è presente solo lui, Antonio Pignataro, tra i killer, perché gli altri 4 sospettati sono morti. Il processo si aprì nel novembre del 1986. Come mandante fu indicato Salvatore Di Maio, meglio conosciuto come “Tore ’o Guaglione”, capo zona nell’Agro Nocerino per conto di Cutolo. Secondo l’accusa, gli esecutori sarebbero stati Carmine Di Girolamo e Francesco Apicella. Quest’ultimo fu riconosciuto da un testimone come autista dell’Audi. Nel 1987 la Corte d’Assise di Salerno emise la sentenza: ergastolo per Apicella, assolti per insufficienza di prove Di Maio e Di Girolamo. Nel 1988, basandosi sulla non credibilità dei pentiti interrogati in primo grado, la Corte d’Appello presieduta da Mario Consorzio prosciolse Di Maio e Di Girolamo per non aver commesso il fatto. Stesso principio fu applicato per la testimonianza oculare che incastrava Apicella.
Padre e figlia, dopo aver trascorso una giornata al mare, arrivano a Cava all’incirca alle 16.30. All’incrocio tra Corso Principe Amedeo e via della Repubblica un’Audi affianca la Bmw del magistrato. Dalla macchina sparano 8 colpi con una pistola P38. Due arrivano a segno. Colpiscono Alfonso Lamberti alla spalla destra ed alla testa. Ma uno dei proiettili rimbalza e colpisce Simonetta proprio alla testa. La bambina è ancora appisolata e non s’accorge di cosa accade in quei momenti attorno alla Bmw. L’Audi sgomma e sparisce a tutta velocità. Poco dopo padre e figlioletta vengono soccorsi e portati in ospedale a Cava de’ Tirreni. I medici si renderanno subito conto che la bambina era grave, perché colpita al cervello. Viene trasferita al Cardarelli a Napoli. Verrà operata d’urgenza ed il padre, nonostante fosse ferito, era al suo capezzale. Un tentativo disperato che faranno i medici per cercare di recuperarla alla vita. Ma risulterà vano. Dopo alcune ore trascorse in sala operatoria, Simonetta muore. All’indomani dell’agguato, in un bosco a Materdomini di Nocera Superiore, viene rinvenuto lo scheletro di un’Audi bruciata, con ogni probabilità quella utilizzata dai killer, i quali sapevano che a bordo dell’auto del magistrato viaggiava anche la bambina, eppure non esitarono a sparare.
In onore di Simonetta Lamberti fu eretto un monumento (un cippo marmoreo spezzato, realizzato grazie ad una spontanea sottoscrizione della cittadinanza), in seguito rimosso a causa dei lavori per alcune opere pubbliche e solo dopo circa 10 anni ripristinato. Il 2 aprile del 1983 lo stadio cittadino fu intitolato a Simonetta Lamberti.
Ora il pubblico ministero Vincenzo Montemurro, lette quelle sentenze e riscontrate alcune incongruenze con le dichiarazioni di Antonio Pignataro (che sarebbe stato interrogato diverse volte) e vari collaboratori di giustizia, ha deciso di puntare l’indice contro i mandanti e chiedere la riapertura di un processo che nemmeno dopo 32 anni riesce a scrivere la parola fine.
Fonte: Il Portico
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