Tu sei qui: Economia e TurismoCoronavirus e recessione globale, secondo la Gabanelli Cina in controtendenza: «A fine anno Pil registrerà +1,9%»
Inserito da (Maria Abate), martedì 6 ottobre 2020 11:31:52
Dopo quasi otto mesi di pandemia si contano i danni: oltre un milione di morti e una recessione globale. Ad agosto il World Economic Forum stimava fra gli 8 e 15 mila miliardi di dollari di perdita economica in tutto il mondo. Ma in questo clima di crisi generale, c'è chi si sta riprendendo in silenzio. A tracciarne un'analisi è Milena Gabanelli sul "Corriere della Sera", dove cura la rubrica Dataroom, in un articolo scritto insieme a Danilo Taino e denominato Coronavirus, ecco come l'economia mondiale crolla e dove la Cina guadagna.
Secondo la giornalista d'inchiesta, in Cina, che è il focolaio della pandemia ma che afferma di essere quasi Covid-free, «a fine anno il Pil registrerà un più 1,9%. [...] Le esportazioni sono aumentate del 10,4%, soprattutto materiale sanitario e apparecchiature elettromedicali di cui il mondo ha disperatamente bisogno. Con il crollo del turismo cinese internazionale sono aumentati i consumi interni: i cinesi acquistano a casa loro quello che prima acquistavano in Giappone e in Europa, soprattutto nel lusso. Il gruppo Kering (Gucci e YSL) ha fatto un più 40% nel secondo trimestre 2020. La People Bank of China ha allentato le riserve che devono detenere le banche e ha immesso nell'economia 212 miliardi di dollari».
Ma, continua la Gabanelli, «le responsabilità che Pechino continua a negare con arroganza hanno avuto un effetto economico e un effetto politico». Se la Cina avesse evitato di tenere nascosta la diffusione del virus nelle prime settimane della pandemia, forse la crisi avrebbe potuto rimanere geograficamente limitata alla regione di Wuhan, afferma.
Proprio per questo clima di negazione, molti paesi occidentali starebbero pensando di prendere le distanze da Pechino, come pure molte imprese «che avevano fatto della Cina il centro delle loro catene di fornitura e di produzione, stanno riconsiderando il rischio di affidarsi totalmente al sistema cinese e l'orientamento è quello di spostare parte della loro manifattura altrove». Ad ogni modo, chiosa, «la pandemia ha segnato un punto di non ritorno: l'Europa, gli Stati Uniti e il resto del mondo sono di fronte alla necessità di fare un serio reset delle relazioni con la Cina».
Fonte: Occhi su Salerno
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