Tu sei qui: Economia e TurismoLa Di Martino nella storia dell'atletica
Inserito da (admin), lunedì 11 giugno 2007 00:00:00
Il ritorno a casa, a Cava, da trionfatrice. La famiglia, i vicini, gli amici ed i giornalisti ad accoglierla. Feste ufficiali? Forse il Comune le organizzerà. Ma lei, Antonietta Di Martino, nuova primatista italiana del salto in alto (2,02, oltre la misura fissata quasi 30 anni fa da Sara Simeoni) resta concentrata sui futuri impegni agonistici. Non gonfia il petto, non sbatte i tacchi come da disciplinare - con gli ufficiali della Guardia di Finanza presenti a Torino solo uno spontaneo abbraccio - non si monta la testa. Antonietta Di Martino è già un paio di centimetri oltre il 2,02. Sara Simeoni s'é complimentata con lei a mezzo stampa: «Sono contenta che sia stata lei a superare il mio record, perché nei suoi occhi c'era la luce di chi non molla mai». Antonietta Di Martino, al messaggio, ostenta un timido compiacimento. Alle avversarie di venerdì scorso, Bergqvist, Hellebaut, Vlasic, Veneva, dà appuntamento per i Mondiali di Osaka. Il record italiano, e dopo? «Quello di non fermarmi più. Sto bene, ho superato il muro e la soglia psicologica dei 2 metri, regalando centimetri in altezza alle mie avversarie. Ma sento di poter migliorare ed a tutte dico che ci vediamo in Giappone, dove voglio il podio. Non mi interessa il colore della medaglia, ma solo salire su uno dei tre scranni».
A chi dedica questo straordinario primato? «A me stessa, alla mia capacità di reagire nei momenti di difficoltà, di ritornare dopo quel grave infortunio alla caviglia che avrebbe stroncato la carriera di molti altri atleti. Ed ovviamente, lo condivido con i miei cari e con Davide Sessa, il mio allenatore: senza di lui non sarei tornata in pedana». Cosa l'ha spinta a superare limiti fisici così penalizzanti? «La forza di volontà ha giocato un ruolo fondamentale. Quando mi operai nel 2004, se qualcuno m'avesse pronosticato i 2 metri, gli avrei dato del matto. Era già difficile per me competere con atlete molto più alte, figurarsi dopo l'infortunio alla caviglia. Ma in quel periodo buio la forza interiore e la passione per questo sport mi hanno spinto a crederci, insieme all'armonia che hanno sempre saputo regalarmi i miei cari».
Neanche il tempo di godersi un record e già pensa ai Mondiali nipponici: non è troppo presto? «In verità, è già troppo tardi. Altri impegnativi esami mi attendono, già a partire da venerdì, quando sarò ad Oslo per la prima di 7 tappe del circuito della Golden League. Devo superarli assolutamente, devo migliorarmi, devo prepararmi così ai Mondiali, senza considerare il record appena stabilito come un punto d'arrivo, ma come un punto di partenza per affrontare sfide ancor più difficili, per tagliare traguardi ancor più prestigiosi». Non rischia, così, di bruciare altre emozioni della vita? «Assolutamente no. Se penso alla misura di Torino sono finita, devo salire ancora di più, avvicinarmi alla Bergqvist, che ha 2,08 indoor, e preparare il Mondiale. Se ci arrivo nelle stesse condizioni di forma, mi immagino una medaglia al collo. Ed allora sì che sarà festa grande, senza ovviamente snobbare questo primato, che mi gratifica dopo anni di passione».
La storia e la determinazione della "scimmietta"
«Da piccola, quando giocava in giardino con i nostri figli, non stava ferma un attimo: era come una "scimmietta", saltava sugli alberi mentre i cugini restavano a guardare. Saltare è stata sempre la sua passione, anche quando si incantava davanti al televisore per ammirare i Mondiali di atletica», ricordano Maria e Claudio, zii di Antonietta Di Martino, l'atleta cavese che ha messo a segno il nuovo record italiano di salto in alto femminile. E questa ragazza dagli occhi profondi, un sorriso raggiante, esile nei tratti, ma dotata di forza fisica e caratteriale, si è spinta tante volte oltre l'ostacolo. Timida, allergica ai compromessi, determinata e coraggiosa come una leonessa, Antonietta intuisce subito che gli allenamenti da soli non bastano. C'è la fede, c'è la sua famiglia, la voglia di andare avanti, nonostante le continue controversie. E c'è perfino la scoperta, quando ormai sembrava tutto finito, di un legame professionale perfetto con quello che sarebbe diventato il "suo" allenatore. «In passato le cose non sono andate sempre nel verso giusto - dice mamma Anna - Spesso il suo modo di concepire l'atletica e lo sport cozzava con quanto le stava attorno. A chi le chiede qual è stato il suo allenatore, a chi deve dire grazie, non ha dubbi: Davide Sessa ha saputo credere in lei, insieme hanno creato un sodalizio vincente».
Sabato il ritorno a casa di Antonietta. Un'occasione per sfogliare l'album della memoria. «Antonietta ha iniziato a 12 anni, seguiva il fratello maggiore Salvatore, che faceva salto in alto a Salerno. La mandammo a provare perché era evidente: dovunque si trovava, specie quando stava all'aperto, doveva saltare». I primi tempi gli allenamenti non erano molto assidui, c'era la scuola e soprattutto i turni di lavoro di papà Alfredo, che era sempre con lei. «Antonietta ha frequentato le scuole elementari a San Giovanni dalle suore, le medie alle Trezza e poi l'Istituto Professionale. All'inizio si allenava solo quando il padre poteva accompagnarla, poi, crescendo, i ritmi sono diventati sempre più incalzanti», confida la mamma. Intorno ai 16 anni la crisi. Infortuni, situazioni avverse, il tramonto dei rapporti con i tecnici, la stavano portando lontano dall'atletica. «Aveva pensato di smettere - confessa la zia Maria - Aveva deciso di fare la sarta. Troppe controversie: qualche incomprensione con i tecnici del passato, gli infortuni e malanni fisici, avevano minato la sua volontà».
Ad aiutarla la fede: «È molto devota a Sant'Antonio e poi ha una grande determinazione. Tutta la famiglia, gli amici più intimi, le sono stati vicini e l'hanno spinta a continuare. Così come è accaduto 3 anni fa, quando ha subito quel terribile infortunio». Sono arrivati così i primi successi e l'incontro con il tecnico Sessa, giovane appena 31enne e capace di dare ad Antonietta i consigli tecnici giusti, l'appoggio morale adeguato, ma sempre dietro le quinte, lasciando solo a lei la scena. «Antonietta è rimasta la ragazza semplice di sempre - dice mamma Anna - Mi ricordo quando raggiunse l'1.98, per rientrare a casa imboccò la strada nazionale invece dei portici del Corso perchè si vergognava». Antonietta ora vuole vincere i mondiali. Zio Claudio guarda ancora più lontano: «Questo record potrà essere superato solo fra altri 30 anni da un'altra Di Martino, la nipotina di Antonietta». Suo fratello Salvatore è in attesa, infatti, di una bambina. «Sarà Antonietta ad allenarla per il nuovo record».
Fonte: Il Portico
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