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A teatro il “Circus Don Chisciotte” di Ruggero Cappuccio

Con uno strepitoso Giovanni Esposito alla conquista del Salvo Panza, divertente e teneramente sconnesso

Inserito da (redazionelda), mercoledì 4 aprile 2018 11:47:29

di Paolo Spirito

Ruggero Cappuccio -attuale Direttore del Napoli Teatro Festival- è autore di romanzi dalla complessa sintassi fantastica e di drammaturgie di successo altrettanto complesse e rutilanti: Nel 2016 esce "La prima luce di Neruda". "Con Fuoco su Napoli" (Feltrinelli) vince il premio Vittorini come migliore libro italiano dell'anno 2011 e il premio Napoli edizione 2011. Il romanzo esce in Spagna con il titolo di "Fuego sobre Napoles" a cura dell'editore Siruela. Con il romanzo "La notte dei due silenzi" (Sellerio) è finalista al Premio Strega edizione 2008. Intellettuale dedito a rigorose costruzioni drammaturgiche, con il suo "Circus Don Chisciotte", ultima produzione del Teatro Stabile Nazionale di Napoli andato in scena in "prima nazionale assoluta" al Teatro San Ferdinando e attualmente programmato al Teatro Eliseo di Roma, porta avanti un suo intelligente percorso di conquista per spazi metafisici del palcoscenico. Se in passato lo abbiamo conosciuto soprattutto come attore misurato e prudente in rare e sapienti apparizioni in palcoscenico, questa volta siamo rimasti piacevolmente sorpresi scoprendone un talento d'irresistibile ironia e moltiplicazioni dinamiche del corpo e dell'intelletto.

Scatenato e arguto, Cappuccio è questa volta Michele Cervante, vecchio vagabondo dell'intelletto per le strade della sua città, una Napoli metafisica che mescola in "unicum" singolare le numerose trasfigurazioni della realtà umana e culturale di cui è nella realtà popolata. Scombinato viaggiatore notturno per strade e storie napoletane, Cappuccio guida in scena i suoi attori, costruendosi l'irresistibile "coppia" con uno strepitoso Giovanni Esposito alla conquista del suo Salvo Panza, divertente e teneramente sconnesso. Siamo infatti in una Napoli fuori dal tempo, metafisica e "sgarrupata", in un deposito ferroviario di treni dismessi, in un binario morto non solo delle ferrovie ma della stessa esistenza.

Afferma lo stesso Cappuccio: "Partiamo dal tema del disagio di questa nostra epoca del virtuale. Un profondo disagio che gli psicoanalisti intercettano soprattutto nei problemi di adolescenti a rischio, ma anche degli adulti. Gli schemi sociali che, in passato, ci hanno accompagnato sono saltati. I rapporti non hanno più senso, nemmeno le parole lo hanno. Un esempio? Oggi affermare di avere un amico non significa l'incontro reale con una persona con cui condividere un tratto della nostra vita, ma un'entità intercettata su Facebook".

Ecco perché il professor Cervante, Roberto Cappuccio, a suo dire discendente diretto di Cervantes, insofferente della realtà attuale, un bel giorno decide di realizzare un progetto rivoluzionario con il suo fido Salvo Panza, interpretato da uno stupefacente Giovanni Esposito. Tra i due nasce un'amicizia fulminante che darà vita a un cortocircuito tra realismo e visionarietà (echi eduardiani di "Sik-Sik, artefice magico"), sogno e saggezza materica, mentre inizia il nuovo viaggio alla ricerca dei nemici dell'essenza spirituale dell'umanità.

"Egli ricusa la deriva umana contemporanea, priva di dialogo e di principi morali, in cui stiamo sprofondando-continua Cappuccio-quindi abbandona la cattedra, lo stipendio, la casa: come il visionario Don Chisciotte, vede ovunque nemici all'orizzonte, intraprendendo un'utopica battaglia per salvare l'umanità insieme al suo scudiero, un girovago nullatenente, e agli altri personaggi che emergono dal binario morto", tra cui meritano di essere ricordati la coppia di ex ristoratori interpretati da Ciro Damiano e Gea Martire, un prestigiatore di provincia, impersonato da Giulio Cancelli, una principessa siciliana, Marina Sorrenti.

"La metafora mi pare chiara-prosegue Cappuccio-rivendicare la centralità dei rapporti umani rispetto alla superficialità inquietante dei social. Viviamo in un'epoca distrattiva, abbiamo perso l'idea di come sia l'essenza dell'individuo, è persino mutato il significato delle parole: un amico non è una persona, ma un contatto virtuale. La tecnologia avanzata è strumento prezioso, irrinunciabile e di grande potenza. Una potenza anche distruttiva perché sollecita zone di dipendenza nell'essere umano, ridotto a mero consumatore: il mercato, il denaro è legge dominante, e quelli che chiamiamo telefonini, utilissimi, sono delle centrali nucleari che portiamo in tasca. Stiamo discendendo una china pericolosa di false seduzioni".

Ma, allora, esiste una via d'uscita? "Esisterebbe-conclude Cappuccio-se solo tornassimo ad occuparci dell'individuo, rivendicandone la centralità. Spero che questo spettacolo comunichi fiducia al pubblico, invitandolo a riconoscere le proprie risorse, la propria forza: quella che serve per cambiare le cose".

Fonte: Il Vescovado

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