Tu sei qui: PoliticaAmalfi, disputa su 'Mariano Bianco' finisce al TAR
Inserito da (redazionelda), giovedì 29 gennaio 2015 17:31:21
Continua a tenere banco ad Amalfi l'annosa vicenda relativa alla proprietà della struttura del Monastero della SS. Annunziata, meglio noto come "Mariano Bianco", contesa tra l'omonima Fondazione presieduta dall'Arcivescovo Orazio Soricelli e il Comune di Amalfi.
È notizia di questi giorni l'approdo al TAR della controversia, dopo che il Consiglio Comunale di Amalfi nel corso dell'ultima seduta decise di avvalersi dell'articolo 58 del Decreto Legge numero 112/2008 per l'iscrizione della proprietà del bene al patrimonio comunale. Il Comune ha successivamente affidato a società specializzata l'incarico di trascrivere l'atto presso la Conservatoria dei Registri Immobiliari di Salerno. Avverso questa decisione, la Fondazione Mariano Bianco ha proposto ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale
LA STORIA La disputa ha radici profondissime, addirittura precedenti all'Unità d'Italia, allorquando il Decurionato di Amalfi riunitosi il 25 novembre 1850 sotto la presidenza del Sindaco Domenico Pecoraro, decise di concedere gratuitamente il soppresso Monastero dell'Annunziata, a Casa di ricovero, nutrimento ed istruzione di fanciulle orfane povere da parte di una pia Istituzione voluta dall'Arcivescovo Mariano Bianco. Con successiva convenzione del 25 aprile 1854 si concretizzava la suddetta cessione ma si stabiliva anche espressamente di sottoporla alla «condizione risolutiva pattuita, che qualora lo stabilimento di che trattasi venisse a cessare di esistere per qualunque circostanza, o che la installazione del suddetto ritiro non abbia luogo o venga affidata la direzione del pubblico insegnamento alle tre o più suore della Carità, ed in difetto ad altre istitutrici di approvata corporazione in siffatti casi debba per espressa condizione ritenersi come risoluto il presente contratto e ritornare l'anzidetto locale nel pieno dominio del Comune, senza obbligo a questi di soddisfare qualunque miglioramento siavisi fatto».
L'originaria Pia Istituzione divenne poi Istituto Pubblico di Assistenza e Beneficenza IPAB, il cui ultimo Consiglio di Amministrazione fu nominato con decreto numero 78 del 21 aprile 2008 del Presidente della Giunta Regionale della Campania, con la nomina del Presidente Monsignor Orazio Soricelli e dei membri: Don Luigi Colavolpe, l' avvocato Antonio Amatruda, il professor Raffaele Pisani e il dottor Luigi Amendola.
L'ultimo Consiglio di Amministrazione nominato si riunì di fronte al notaio Aniello Calabrese in data 5 luglio 2008, disponendo la trasformazione dell'Ente in "Fondazione", in ottemperanza alle norme dettate dal Decreto Legislativo 4 maggio 2001, numero 207.
Il Consiglio Comunale, con la delibera 23 del 29 settembre 2014, ha pertanto affermato che la proprietà dell'edificio ex Monastero SS. Annunziata - Mariano Bianco, è del Comune di Amalfi giustificata dalla condizione risolutiva espressa inclusa nella concessione effettuata nel 1854, legata al venir meno della destinazione ad istituto per le suore. Il Consiglio Comunale ha ritenuto che tale condizione risolutiva si è avverata tra il 1981 e il 1986, in cui la destinazione ad "Istituto di Suore" è cessata, essendo sopravvenuta la trasformazione dell'ente gestore in I.P.A.B. Da quel momento in poi si sono succedute numerose diffide, senza che nessun atto deliberativo del Consiglio Comunale disponesse la traslazione della proprietà comunale in favore dell'Ente Ecclesiastico e/o Fondazione.
La disputa ha pesantemente condizionato anche le vicende politiche cittadine degli ultimi anni.
L'ex Sindaco Antonio De Luca, infatti, imputò a questa vicenda l'origine della rottura con il suo ex vice Giovanni Camera (tra l'altro, revisore dei conti della Fondazione Mariano Bianco) dichiarando che esso rappresentava "...uno dei motivi della successiva spaccatura della maggioranza stessa e del pesante intervento nel confronto elettorale di ambienti clericali" e ha di recente ribadito questa tesi via Facebook, aggiungendo che «è uno scandalo che quell'immobile venga gestito in quel modo».
Spetterà ai giudici districare il bandolo della matassa.
Fonte: Il Vescovado
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