Tu sei qui: PoliticaCava de' Tirreni, CoBeCo contro Servalli: “Svendono la storia della città per incapacità di valorizzarla”
Inserito da (Redazione Costa d'Amalfi), mercoledì 30 aprile 2025 11:34:58
Riceviamo e pubblichiamo la nota di CoBeCo firmata dalla portavoce Maria Di Serio sull'ultimo Consiglio Comunale di Cava de' Tirreni.
"Nel Consiglio Comunale del 28 aprile la maggioranza di Servalli ha approvato nuovamente il piano delle alienazioni, completamente insensibile alle richieste dei cittadini di salvare il patrimonio di pregio, utile per la collettività, come Palazzo
Buongiorno o del Reggimento, testimone della storia cittadina nei secoli, il velodromo che potrebbe essere una area pubblica per fare sport in libertà e la scuola della Badia che potrebbe diventare un centro di formazione sul turismo al servizio della frazione con maggiore attrazione turistica.
Il CoBeCo denuncia l'atteggiamento del Sindaco che continua ad irridere le posizioni del CoBeCo, con dichiarazioni che distorcono le rivendicazioni del comitato e che denotano anche una profonda ignoranza della storia civica. In allegato abbiamo predisposto una breve nota storica per ricordare a Servalli cosa rappresenta Palazzo Buongiorno per la storia dei cavesi. Ricordiamo a Servalli che il Cobeco si è costituito non per contrastare tutte le vendite, ma solo in difesa di quelli che hanno un valore e una utilità per la città. Ricordiamo che il patrimonio si può valorizzare senza venderlo come fanno tanti comuni in Italia, e se Servalli non ci riesce è solo prova della incapacità della sua amministrazione.
Il CoBeCo, ringrazia i consiglieri che si sono espressi pubblicamente in Consiglio
Comunale contro la vendita di questi immobili di valore, come Raffaele Giordano, Pasquale Salsano ed in particolare Eugenio Canora che da tempo condivide la battaglia del CoBeCo. Inaccettabile la posizione di quanti hanno diramato recentemente comunicati stampa in cui si chiedeva una pausa di riflessione su alcune vendite, ci riferiamo al PD, ed invece hanno votato in silenzio a favore, la coerenza è una virtù difficile.
Ancora una brutta pagina della storia cittadina, mentre la Commissione Controllo e Garanzia presieduta da Marcello Murolo, fa una relazione sulla vicenda dei falsi mandati affermando: "La prima conclusione - del lavoro svolto - è quella di una complessiva inaffidabilità dei dati contabili del Comune anche ai fini della redazione del Bilancio", Servalli e la sua maggioranza, con la solita arroganza e superficialità, approvano un bilancio e un allegato piano delle alienazioni che continuano a chiedere sacrifici ai cavesi".
Breve nota storica su Palazzo Buongiorno o Palazzo del Reggimento
La città di Cava de' Tirreni è sempre stata orgogliosa della propria storia e della propria unicità anche dal punto di vista architettonico per il borgo porticato che costituisce un unicum nell'Italia meridionale. A differenza della maggior parte delle città meridionali che erano governate da un feudatario, "La Cava"- così era chiamata nei tempi antichi- era nel demanio regio e con orgoglio e fierezza ha sempre difeso la sua demanialità. Per la sua fedeltà alla casa d'Aragona e in particolare per l'aiuto offerto al re Ferrante nel 1460 la città ottenne privilegi di grande importanza per l'economia cavense che si basava sull'attività commerciale, oltre che sulla produzione di sete e stoffe pregiate e sull'opera dei suoi "maestri di muro", architetti e ingegneri chiamati, grazie alla loro fama, a lavorare in tutto il regno e oltre. Questa storia si intreccia con quella della Pergamena in Bianco che ogni anno viene rievocata attraverso la Disfida dei Trombonieri. La difesa dei privilegi come ogni altra cosa inerente alla amministrazione della città era a cuore di tutti i cittadini, l'Universitas civium", che si riuniva per eleggere il sindaco e gli "eletti" in rappresentanza dei quattro quartieri in cui era divisa la città, o in casi di particolare gravità. Il sindaco e gli eletti con il cancelliere si riunivano nelle botteghe o nelle osterie del Borgo Scacciaventi, nelle curie di notai, in abitazioni private e più spesso nella chiesa di San Giacomo.
Nel 1562 l'Universitas vinse una causa intentata contro Berardino Buongiorno, debitore dell'Università, e poi contro i suoi eredi e acquisì quindi Palazzo Buongiorno. Dalla documentazione custodita nell'Archivio Storico cittadino risulta che dal 20 marzo 1581 si tennero alcune riunioni "nelle case dell'Università che furono di Berardino Buongiorno" e man mano in quei locali furono trasferite tutte le funzioni amministrative del territorio. Qui ebbero la loro sede stabile coloro che reggevano le sorti della città: da questo, il palazzo che ospitò le loro riunioni e gli uffici necessari al vivere civile fu chiamato anche Palazzo del Reggimento. Dal 1587 il palazzo ospitò il regio Capitano e la sua gente; divenuto insufficiente per i bisogni della città, ne fu deciso l'ampliamento sul lato sinistro, con delibera del 18 gennaio 1588. Nel 1696 fu realizzato nelle sale del Palazzo un teatro comunale che funzionò fino a dopo l'Unità d'Italia, quando fu costruito il teatro comunale, inaugurato nel 1878, poi intitolato a Giuseppe Verdi.
Tra la fine del XVI secolo e nel corso del secolo successivo Palazzo Buongiorno diventa sempre più un punto di rilevante importanza per la vita della città, con la sua imponente mole, al centro del Borgo porticato in continua crescita, luogo di incontri e di cultura, non solo di lavoro amministrativo: ospitò infatti, anche se per breve tempo, oltre al teatro, l' Accademia dei Ravveduti. Gli storici e gli eruditi locali nel corso del Settecento lo descrivono con molto orgoglio. Agnello Polverino, autore di una "Descrizione istorica della città fedelissima della Cava", pubblicata nel 1716, così si esprime: "lo magnifico Palaggio detto del Reggimento situato nel mezzo del Borgo grande de i Scazaventi [...] in questa residenza adunque li Signori del Comune, cioè Sindaco ed eletti, esercitano nobilmente la loro amministrazione, secondo l'antico instituto, nella di cui spaziosa sala sta piantato ben vistosissimo teatro per le commedie e altre simili rappresentazioni, fatto alla moderna, a foggie [sic] nuove. Detto edifizio fu ridotto in miglior forma dal sig. Barone di Castellonuovo Atenolfo, nell'anno del secondo suo felicissimo governo 1710, indi abbellito e posto in buon ordine l'Archivio,trasferito in luogo più commodo, così ai magnifici cancellieri come ai Signori già divisati [...] nell'anno 1713: con altre fabriche e capricciose magnificenze, ad oggetto di sempre via più crescere il decoro di coloro formano lo ceto di quel governo". Alcune "incartate" settecentesche sono presenti ancora oggi. L'incartata con fregio che era nella stanza dell'archivio fu realizzata nel 1778.
Nel 1784 un'altra ampia descrizione del palazzo viene fatta da un illustre erudito cavese, il canonico Andrea Carraturo, che descrive le funzioni esercitate nel palazzo, sede anche della Polizia civile, del Regio Governatore, di un Regio Giudice, oltre che del Sindaco e dei quattro eletti, "capi e rappresentanti di tutta l'Università". Il palazzo secondo la narrazione del Carraturo, era di "molta ampiezza e di nobile architettura". Nell'ala destra, dopo una sala adibita a teatro pubblico, vi era una grande stanza ornata dei ritratti di molti cittadini che avevano onorato la patria e di vari regnanti che erano stati "benefici" con la città, ritratti ora esposti nella Sala Consiliare dell'attuale Palazzo di Città. Vi era poi un
"pubblico archivio copioso di scritture". Infine, il Carraturo descrive la cosiddetta "stanza della ruota", in cui "seggono per giro e per ordine di maggioranza il sindaco e gli eletti predetti e di fronte in due sgabelli il detto cancelliere e il segretario". Il palazzo aveva due portieri "stipendiati dal pubblico e vestiti di uniforme blu con finimenti di velluto e calze cremisi e cappello bordato di argento". Nell'ala sinistra, con ingresso e scala separata, c'erano due stanze ed una sala "addetta per il consolato della nobile arte della seta". Al pianterreno c'erano le carceri, due "criminali" col corpo di guardia, un carcere civile con una stanza per il custode e un carcere separato per le donne.
Nel corso dei secoli successivi il palazzo subì trasformazioni per adeguarlo alle mutate esigenze amministrative. Nell'archivio comunale è conservata una pianta del 1825 che illustra ambienti e funzioni della Casa Comunale. Nel 1837 l'architetto Gaetano Genovese faceva notare che l'ingresso non era adatto ad accogliere le carrozze e che non c'era uno spazio per far prendere ai carcerati una boccata d'aria. Questi ed altri lavori furono completati nel 1842, con l'intento di dare al palazzo un aspetto corrispondente alla sua funzione, ma già pochi anni dopo furono presentati altri progetti di ampliamento e ristrutturazione.
Dopo l'Unità d'Italia la città vide la nascita di viali alberati e della villa comunale progettata dall'architetto Lorenzo Gelanzè, che si occupò pure di importanti trasformazioni del palazzo nel 1860. La sede del municipio rimase a Palazzo Buongiorno fino a dopo la Seconda guerra mondiale, quando il teatro Verdi fu trasformato nell'attuale Palazzo di Città, dietro una decisione presa con delibera del 12 ottobre 1946, ma concretizzatasi agli inizi degli anni ‘50. Palazzo Buongiorno rimase però sede di vari uffici comunali.
Questo immobile, in cui per secoli i cavesi hanno esercitato la gestione amministrativa della città, per il suo valore intrinseco e per il forte significato simbolico che ha per i cittadini, va preservato e mantenuto nel patrimonio comunale, a memoria tangibile della storia cittadina.
Fonte: Il Portico
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