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Chiusura monastero Santa Chiara, il Comune di Ravello dice no

Con deliberazione della giunta municipale numero 13 del 2 marzo l’Amministrazione comunale si fa portavoce di questa esigenza presso le autorità religiose preposte ed attuare ogni strategia necessaria per giungere ad una soluzione valida e definitiva

Inserito da (redazionelda), giovedì 4 marzo 2021 09:52:33

Anche il Comune di Ravello interviene per scongiurare il paventato pericolo della soppressione del Monastero di Santa Chiara, da oltre sette secoli tra i simboli religiosi e spirituali della Città. Un luogo che racconta oltre sette secoli di vita claustrale, intimamente legato al tessuto cittadino, centro di spiritualità e di preghiera, ma anche scrigno di preziose testimonianze artistiche e sede di un pregevole archivio dichiarato di interesse storico nel 2014.

Mantenere viva la memoria storica e religiosa del territorio è uno degli obiettivi principali dell'Amministrazione comunale del sindaco Salvatore Di Martino, interprete del sentimento della comunità.

Con deliberazione della giunta municipale numero 13 del 2 marzo l'Amministrazione comunale si fa portavoce di questa esigenza presso le autorità religiose preposte ed attuare «ogni strategia necessaria per giungere ad una soluzione valida e definitiva».

«L'esempio della vita monastica, fatta di regole e di laboriosità, si propone anche come esempio e modello di vita per stimolare non soltanto nuove vocazioni, ma momenti di riflessione e riscoperta dei valori della fede cristiana» si legge dal deliberato.

 

UNA STORIA LUNGA OLTRE SETTE SECOLI

La ricca documentazione in pergamena e in registri cartacei conferma l'intimo legame tra Ravello e l'insediamento monastico, legato alla straordinaria esperienza di Chiara d'Assisi, sorto in favore delle donne nobili della Città e documentato a partire dalla seconda metà del secolo XIII. La particolare sensibilità del clero cittadino nei confronti dell'istituzione religiosa è testimoniata sin dal 1297, allorquando il vescovo Giovanni donava alla comunità l'attuale Chiesa di San Nicola a Ponticeto, e confermata successivamente con la richiesta alla Santa Sede del riconoscimento canonico, accordato poi da papa Benedetto XI con la bolla del 2 novembre 1303. Sono in modo particolare le sacre visite e i fascicoli, custoditi nell'Archivio Vescovile di Ravello, a riportare preziose indicazioni sulla vita del monastero, di cui vengono allegate regole e costituzioni, e gli interventi in favore della comunità cittadina, come il sostegno offerto in occasione della realizzazione dell'organo in Cattedrale. Con il passare dei secoli l'istituzione monastica costituì gradualmente un patrimonio di acquisizioni, donazioni e lasciti testamentari testimoniato da titoli di possesso in pergamena e dalle platee che, a partire dagli inizi del secolo XVII, riordinano possedimenti e censi. Nel corso di una lunga storia non sono certamente mancati i momenti difficili: negli anni immediatamente successivi alla pestilenza del 1656, che aveva determinato una forte contrazione delle famiglie nobili, da cui provenivano le monache, il vescovo di Ravello Bernardino Panicola ottenne dalla Sacra Congregazione per i Vescovi e i Regolari il permesso di accogliere in monastero 14 donne forestiere. Le difficoltà però furono foriere di una nuova vitalità, dapprima grazie all'opera del Venerabile Padre Domenico Girardelli da Muro Lucano e poi, sotto il premuroso impulso del vescovo Giuseppe Maria Perrimezzi, che aveva impegnato nella direzione spirituale delle sorelle clarisse il Padre Bonaventura da Potenza, altro figlio esemplare della provincia francescana conventuale. Non fu meno zelante l'opera degli altri vescovi che ressero la diocesi di Ravello nel corso del secolo XVIII, periodo in cui il complesso monastico fu interessato da lavori di ampliamento, nati dalla necessità di adeguare gli ambienti alle nuove esigenze dei tempi e della stessa comunità costantemente in crescita. A testimonianza dell'intimo legame clariano, nel 1736 la Municipalità, con gli organi amministrativi dell'epoca, deliberò l'elezione di Santa Chiara a patrona "meno" principale, un importante riconoscimento tra i compatroni della Città riconducibile certamente alla presenza dell'antico monastero. Per singolare destino il Monastero non andò soggetto alle leggi della soppressione napoleonica nel 1810. Fu istituita, però, una commissione governativa, che si occupò dell'amministrazione. Alla fine del secolo XIX le storie del Monastero di Santa Chiara e del Municipio di Ravello si congiungono.

IL PASSAGGIO AL COMUNE DI RAVELLO

Con la legge del 7 luglio 1866, l'immobile passò prima al Demanio dello Stato, poi al Fondo per il Culto, e infine nel 1892 al Comune di Ravello. Nel 1920, con l'impegno dell'Arcivescovo Ercolano Marini, le sorelle clarisse ottennero dal Municipio il fitto del fabbricato con il giardino e, successivamente, grazie all'autorevole opera di Padre Giuseppe Palatucci, guardiano del vicino Convento di San Francesco, con il favore delle autorità locali, riscattarono la proprietà dando in permuta l'edificio denominato «Casa Tolla», destinato a sede comunale. Il Monastero, ritornato in pieno possesso delle Clarisse, senza però essere mai stato abbandonato, ottenne il riconoscimento giuridico di Ente Morale con R.D. del 2 settembre 1932. La comunità di Santa Chiara rifiorì di vocazioni arrivando ad attestarsi ad un ragguardevole numero di religiose. Non si tralascia di ricordare che dal febbraio al luglio del 1944, presso il monastero di Santa Chiara, si recarono più volte il re Vittorio Emanuele III e la regina Elena, insieme al principe Umberto, che sostennero le attività educativa e lavorativa della comunità.

L'ASILO INFANTILE

Un contributo indispensabile la Comunità claustrale lo ha offerto anche nella crescita educativa di tante giovani generazioni di Ravellesi, amorevolmente accolte e formate presso l'Asilo infantile, di cui è stata per decenni uno straordinario modello pedagogico Suor Maria Cristina Fiore, decana delle religiose tuttora presenti a Ravello. La graduale e costante decrescita delle vocazioni oggi mette purtroppo in serio pericolo la vita di questa straordinaria esperienza religiosa, con grave perdita per la nostra Collettività. Occorre, pertanto, elevare un forte appello alle autorità religiose preposte, teso a scongiurare tale deprecabile soppressione, inconciliabile con la ricchezza spirituale e culturale di una tradizione religiosa plurisecolare. Anche in ragione dell'intimo legame spirituale con il vicino Convento dei Frati Minori Conventuali, che annovera testimoni di santità e di servizio come i fratelli Antonio e Bonaventura Mansi, il primo cofondatore della «Milizia dell'Immacolata» con San Massimiliano Kolbe, il secondo benemerito difensore della città di Assisi nel secondo conflitto mondiale e artefice della Federazione delle Clarisse, la paventata chiusura appare come una ferita ancor più lacerante che può pregiudicare la stessa sopravvivenza della Comunità francescana. Alla luce di quanto sopra indicato, della specifica vocazione di Ravello, vera e propria finestra sul mondo non dimentica delle proprie radici, appare necessario assicurare la presenza di un congruo numero di suore e privilegiare nuove prospettive di carattere spirituale, come la creazione un Noviziario nazionale o internazionale, certamente favorito dalla bellezza e dalla unicità di questi luoghi patrimonio dell'Umanità. Ancora una volta, come già accaduto in passato, i momenti di difficoltà possono diventare l'occasione per favorire nuovi slanci e per brillare di una nuova luce serafica. Siamo certi che, se ciascuno farà la propria parte, ancora una volta sarà così.

Fonte: Il Vescovado

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