Tu sei qui: Territorio e AmbienteA Roma il grido delle donne che più non hanno voce
Inserito da (Redazione), lunedì 26 novembre 2018 09:14:44
di Patrizia Reso
Un fiume in piena ieri a Roma ha attraversato la vie della capitale, nonostante la pioggia, in modo colorato, festoso come solo le donne sanno fare, con quel senso di responsabilità che le contraddistingue anche di fronte al dolore. "Noi siamo il grido altissimo e feroce di tutte quelle donne che più non hanno voce", questo uno degli slogan più scanditi durante la manifestazione in occasione della Giornata Internazionale contro la violenza alle donne. Oltre 49.000 le denunce pervenute quest'anno, secondo i dati Istat, di casi di violenza domestica. Violenza subdola, silenziosa, che si consuma ogni giorno all'interno di un nucleo familiare. Violenza giustificata dall'amore! Chi ama non fa male! Chi violenta invece è solo il prodotto di una cultura del patriarcato ben radicata in fondo agli animi. Un patriarcato sempre più aggressivo perché vede nella partecipazione delle donne all'economia o alla cultura o alla politica di questo Paese, e non solo, invece del valore aggiunto che rappresenta, un elemento di insidia al potere conquistato. Allora niente di più facile che sbeffeggiare, ridicolizzare, sminuire , stravolgere l'operato femminile per il proprio tornaconto. Un esempio banale: ieri il corteo si è mosso con ritardo rispetto a quanto preventivato. Una delle ragioni è stata immessa in rete con un video, che vede delle donne (tra le organizzatrici) scontrarsi con un uomo che pretendeva di stare in testa al corteo . Da giorni era stato diffusa l'organizzazione: in testa ci sarebbero state solo le donne dei Centri Antiviolenza, cioè coloro che stanno in prima linea ogni giorno per arginare questo fenomeno sempre più dilagante. Nessuna, e ripeto, nessuna, si è opposta. Neppure le rappresentanti dei collettivi femministi più impegnate. Tutte abbiamo condiviso questa decisione, rispettandone innanzitutto lo spirito che l'ha sostenuta. Quest'uomo, ammirevole perché era intenzionato a scattare foto per sostenere la causa, ne ha fatto una questione di stato! Ne è scaturita una discussione che si poteva benissimo evitare se solo in lui ci fosse stata la volontà di adeguarsi, almeno per una volta, a delle decisioni cui non aveva partecipato. Subito è scattata la campagna antifemminista, inutile dirlo! Le donne sono state accusate di atteggiamenti talebani (sigh), sono state definite nazifemministe (!), hanno insomma iniziato a triturare fango perché oggi così va di moda: non condivido quindi ti distruggo attraverso i social.
Ancora una volta ci siamo dimostrate compatte e solidali. Il corteo, seppure in ritardo, si è snodato come serpentone in modo magnifico, senza perdere di vista i suoi obiettivi.
Tutelare la donna in primis, da un punto di vista giuridico, sanitario ma non perché la si vuole vestire di vittimismo, ma semplicemente per accedere ai propri diritti in quanto cittadina e contribuente di uno stato, né più né meno dell'uomo.
Lotta al Ddl Pillon, perché non solo penalizza ulteriormente la donna, ma penalizza fortemente i minori e in più rafforza interessi di categoria.
Contrastare sempre più la deriva reazionaria dell'attuale governo, che non sa più che inventarsi per riportare indietro l'Italia di decine e decine di anni!
Infine per promuovere una nuova cultura, una cultura dell'identità di genere ma anche della parità dei diritti, partendo dalle piccole comunità, dal proprio ambiente di lavoro, come ben ricordano i sindacati confederati nel loro documento, emesso in occasione del 25 Novembre: "Come uomini militanti e dirigenti di Cgil Cisl Uil abbiamo sempre sostenuto con forza la difesa, la tutela e la promozione dei diritti civili delle donne, anche attraverso la definizione di norme a favore della salute, della conciliazione dei tempi di vita e corresponsabilità genitoriale. È necessario un forte e quotidiano impegno civile, culturale e politico quotidiano anche di noi uomini, in una più stretta e positiva relazione con le donne, così come il battersi per la certezza della pena per chi - a casa, sul lavoro, per la strada - fa violenza sulle donne o contro qualsiasi tipo di discriminazione nei luoghi di lavoro. Vogliamo continuare e rafforzare l'impegno sindacale nella contrattazione per definire strumenti che favoriscano le pari opportunità e determinino l'emersione e la conseguente eliminazione di atteggiamenti discriminatori. Lasciamoci alle spalle anni di "perbenismo maschile" e costruiamo un nuovo, esplicito costume civile e politico fondato sul riconoscimento e valore della diversità e sulla parità fra i generi, contro ogni retaggio maschilista, machista o omofobo ed ogni forma di violenza di genere, sia fisica sia psicologica. Per questo, domenica 25 appuntiamo sui nostri vestiti un fiocchettino bianco, simbolo internazionale della lotta contro la violenza sulle donne".
La città di Salerno è stata ben rappresentata dall'Assemblea permanente delle donne di Salerno e provincia. Una realtà nuova nel porsi, offrirsi alla società come polo culturale alternativo all'omologazione imperante, orientata al rispetto e all'attuazione della Carta Costituzionale, fortemente determinata sull'autodeterminazione della donna,in ogni ambito, per tutto ciò che riguarda il suo esistere.
Fonte: Il Portico
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