Tu sei qui: AttualitàLa Costiera che crolla: urge ripensare alla mobilità
Inserito da (redazionelda), giovedì 2 gennaio 2020 10:08:03
di Paolo Russo*
Entro subito in tema e lo dico forte, un po' estremizzato e parecchio provocatorio: io penso che la Costiera Amalfitana sia diventata, al giorno d'oggi, incompatibile con la circolazione veicolare privata. Lo so, a questo punto molti lettori e tutti gli albergatori smettono di leggere e vanno a farsi un caffè. Fanno male, perché il concetto è solo apparentemente folle/autolesionista, in realtà è lo strumento (magari radicalizzato) per significare che a salvare la Costa è indispensabile un mutamento antropologico: che modifichi il nostro modo di pensare e di essere. Faccio un passo indietro e mi ricollego all'apprezzabile appello De Masi/Scurati/Padre Enzo, che ha la sua forza nella generalità dei suoi destinatari, e il suo limite nella genericità dei contenuti.
Ci armiamo tutti della migliore volontà, d'accordo, ma per cosa? Scelte politiche nuove, investimenti sulla sicurezza e il rispetto ambientale? Sacrosanti, ma ciò che deve cambiare è la cultura diffusa, i comportamenti quotidiani, la responsabilità verso un futuro che fingiamo non ci appartenga. Vengo al punto: se non ci fosse stato il prolungato blocco della statale e del traffico veicolare, il dissesto della costiera avrebbe avuto l'impatto mediatico ed emotivo che ha ricevuto? Ci avrebbe colpito allo stesso modo? Temo che il vero detonatore della preoccupazione e dell'indignazione generali sia stato la forzosa rinuncia a usare l'automobile, e questo è preoccupante. E lo è tanto di più perché qui da noi l'automobile è passata da dispositivo di accrescimento della libertà a strumento di sofferenza collettiva. Ma veramente ciò che vogliamo sono altre strade, altri parcheggi, altri Suv?
Altre nevrosi, altro smog, altre infinite code? In questi giorni di chiusura della 163 noi camminatori/pedalatori indefessi stiamo vivendo un'esperienza straordinaria: andando da Maiori a Capo d'Orso sentiamo il rumore del mare, lo scroscio del vento, percepiamo la sequenza degli alberi, alziamo lo sguardo per contare le nuvole. Eccetera. E possiamo fermarci su un muretto a riflettere: non sarà il caso di ripensare tutta la mobilità? Di ripristinare al più presto la strada statale, ma di pensare finalmente anche ad altro? A un trasporto pubblico potenziato (intendo: molto, molto, molto potenziato, magari introducendo un po' di sana concorrenza); a un mare e ad approdi che consentano i trasporti per 8 (ma anche 9, o 10 se non più) mesi all'anno (intendo: trasporti veri di persone, a orari utili, a prezzi accessibili, ci sono persino margini di redditività); a una (fantascientifica? No) alternativa ferroviaria; e finalmente, realizzato progressivamente anche solo in parte tutto questo, alla vituperata, censurata, demonizzata limitazione alle automobili private che in altri distretti turistici è già operante e accettata con successo. A questo punto gli ultimi tre lettori che restano si chiederanno se io non sia un sostenitore dell'indigesta decrescita!
Li rassicuro, non lo sono affatto, penso anzi che un ripensamento della cultura dell'auto sia foriero di sviluppo non soltanto immateriale ma anche in termini di reddito e lavoro. E di turismo. Terminato il loro caffè, anche gli albergatori potrebbero iniziare a pensarci...
*docente di Diritto, Consigliere comunale di Minori
Fonte: Il Vescovado
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