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Mons. Beniamino Depalma: «Di Amalfi conservo la gioia di una comunità che ha arricchito la mia vita»

Inserito da (redazionelda), domenica 14 febbraio 2016 11:22:57

In occasione del suo 25esimo anniversario di episcopato, abbiamo intervistato il vescovo della Diocesi Nola, monsignor Beniamino Depalma, che nel 1991 cominciò il suo cammino pastorale proprio nella nostra Diocesi di Amalfi - Cava dei Tirreni (per l'approfondimento di Sigismondo Nastri clicca qui) in cui resta vivo il ricordo della sua attività innovatrice.

Monsignore, come ha confidato più volte, ha "imparato a fare il Vescovo" nella nostra Diocesi. Quale ricordo di quella esperienza pastorale porta ancora oggi con sé?
Arrivai ad Amalfi proveniente da altre situazioni pastorali e mi trovai investito di una responsabilità di guida della comunità che aveva la sua storia, la sua cultura, i suoi stili. Avevo un tracciato pastorale segnato dai miei predecessori. Iniziai a conoscere i volti, le storie, i cammini delle singole comunità parrocchiali, le risorse pastorali e le situazioni più problematiche. Dopo il primo anno di osservazione, mi sono lanciato con l'entusiasmo di un giovane vescovo nella proposta pastorale che ho mutuato dal Concilio Vaticano II e che è stata ed è ancora la bussola del mio servizio pastorale e mi sono sempre ispirato al magistero e al coraggio del Beato Paolo VI. Ho trovato un presbiterio, un laicato che, avendomi accolto il 23 febbraio 1991 con affetto ed entusiasmo, mi ha seguito e ha condiviso scelte pastorali anche difficili e, qualche volta, contro-corrente. Come vescovo di Amalfi-Cava non mi sono sentito mai solo: ho avvertito la vicinanza della comunità credente e, anche, dei responsabili della cosa pubblica. Non è stato facile cambiare mentalità circa la moltiplicazione delle messe, la riforma delle processioni, l'attenzione al territorio e alle sue problematiche, progettare una pastorale per adulti e un'attenzione al mondo giovanile, ma siamo riusciti almeno ad iniziare nuovi cammini. Ciò che mi resta di più bello nell'esperienza fatta è aver avviato un progetto diocesano incentrato sulla famiglia convinto, il presbiterio ed io, che far diventare la famiglia soggetto pastorale significava risolvere diversi problemi nella trasmissione della fede. Di quegli anni conservo una stupenda memoria e ogni giorno di quell'esperienza ricordo con gratitudine al Signore e a tutti i membri della comunità credente e della gente della costiera.

 

Tra i suoi meriti quello di aver avviato un lavoro di rinnovamento pastorale. Quali sono le sfide che attendono la Chiesa?
Sono trascorsi diversi anni dal mio trasferimento alla chiesa di Nola. Anche nella diocesi di Amalfi-Cava de' Tirreni, in questi anni, credo che tanto sia cambiato, tuttavia, le sfide della Chiesa oggi sono più o meno le stesse per ogni comunità cristiana: creare percorsi di accompagnamento alla fede per gli adulti-giovani, per renderli capaci di assimilare una fede non abbastanza interiorizzata nell'età dell'adolescenza, accompagnare le giovani generazioni ascoltando i loro linguaggi per poter proporre in modo nuovo la bella notizia del Vangelo, sostenere i genitori perché diventino i primi testimoni dell'esperienza credente nella vita quotidiana e nei luoghi quotidiani, aiutare le comunità parrocchiali affinché diventino luoghi di umanità in grado di umanizzare il territorio e la storia, passare da una fede di tradizione e, qualche volta, ‘coreografica' ad una fede di convinzione e più contemplativa, da una fede rituale ad una fede centrata sull'ascolto della parola. Queste sfide sono urgenti, impegnative e chiedono operatori pastorali coraggiosi e audaci.

Lei ha sempre definito "Gigante addormentato" il laicato: qual è oggi il ruolo dei laici nella Chiesa?
Il Concilio Vaticano II aveva già aiutato i laici a riscoprire la loro vocazione battesimale e la loro missione nel mondo e nella storia. Questa coscienza, richiamata anche da San Giovanni Paolo II nell'esortazione apostolica Christi fideleslaici, pare si sia attutita e, qualche volta, addirittura scomparsa. I laici sono tornati ad essere più fruitori che soggetti, più manovalanza che co-responsabili. Senza laici formati e competenti il vangelo resta un fatto di chiesa e non un annuncio per il mondo capace di cambiare la storia. Senza laicato non c'è evangelizzazione, senza laicato non c'è missione, senza laicato il mondo non entra nella Chiesa e la Chiesa non entra nel mondo! È urgente che i laici riscoprano la loro autentica vocazione: portare il vangelo lì dove si vive la vita perché questa diventi una vita redenta e salvata. Laici meno amanti delle sacrestie, più affezionati al mondo nel quale vivono e alla storia nella quale sono immersi.

Tornando ai ricordi: oltre al mare cosa le manca o le è mancato della nostra Costiera?

Non mi manca nulla perché porto tutto nel mio cuore: volti, nomi, storie, territorio. Quando si ama, e si è amato realmente, in profondità, tutto resta scolpito nella propria interiorità: né il tempo né la distanza affievoliscono l'intensità e la memoria delle relazioni e dell'affetto ricevuto e donato. Sicuramente mi manca il mare, ma più del mare conservo la gioia di quanto quella comunità ha arricchito la mia vita. E di questo sono grato a Dio e a quanti ho potuto incontrare sul mio cammino.

Grazie di tutto Monsignor Depalma, ancora tanti auguri. A Lei ogni bene.

Si ringrazia suor Barbara A. Matrecano della Segreteria Curia Vescovile di Nola per il supporto e l'assistenza a questa intervista.

Fonte: Il Vescovado

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