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‘Non vedo la fine’, l'esperienza di Giovanni di Tramonti in Bolivia / VIDEO

Inserito da (redazionelda), lunedì 4 maggio 2015 12:46:58

di Maria Abate

Poche case in pietra, lo stridore di una carriola arrugginita, gli occhi malinconici di un bimbo. Le scene semplici eppure profonde della Bolivia catturate in un documentario da Giovanni De Rosa, ragazzo di Tramonti, con la passione per la fotografia.

«Non so se si tratti proprio di un documentario. Mi piace considerarlo come un diario di viaggio. E siccome non sono bravo con le parole, il diario l'ho scritto con le immagini» scrive Giovanni sul suo profilo Facebook.

E infatti, a guardar bene, le immagini più che informare, trasmettono emozioni.

Lunghe distese di sabbia e poi, all'improvviso, laghi ghiacciati. È la pace dei sensi, interrotta soltanto dai versi acuti di gabbiani e fenicotteri. Immagini che fanno pensare alla genuinità della Bolivia, per niente intaccata dagli interventi invasivi dell'uomo. Malinconia, nostalgia. Forse per quello che a noi manca, tra rumori di città e vita frenetica.

Immagini che non fanno solo da sfondo alla spiegazione che un boliviano fa della sua terra, ma che la accompagnano con naturalezza. Giovanni non pretende di insegnarci proprio nulla. Ci mostra con umiltà ciò che ha visto e fa parlare gli indigeni. E il boliviano spiega con orgoglio che negli ultimi anni la sua nazione concede loro la dignità individuale, riconoscendo come ufficiali la miriade di lingue parlate (ben 36) e demolendo la discriminazione che i poveri subivano rispetto ai ricchi.

«Quello che mi ha spinto a realizzare questo piccolo documentario - racconta Giovanni a Il Vescovado - è la voglia di conoscere e far conoscere. Raccontare la storia di terre lontane, la storia di popoli soli. Aprire la mente e gli occhi. Far viaggiare, anche se per pochi minuti».

Gli chiediamo il perché del titolo e lui ci risponde che non ci ha pensato poi tanto, gli è venuto in mente durante il viaggio, mentre si accorgeva di «quanto può essere sconfinato questo mondo», al punto di non vederne la fine, insomma.

Fonte: Il Vescovado

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