Tu sei qui: AttualitàOltre i limiti della decenza
Inserito da Antonio Schiavo (admin), venerdì 8 aprile 2016 15:33:07
di Antonio Schiavo
"Mio marito era un uomo semplice, anche nel vestire. Pensate che in Via D'Amelio hanno trovato una sua scarpa addirittura con un buco nella suola. Mi consigliarono, per il funerale di mettergli le scarpe del matrimonio che lui aveva conservato come una reliquia. Non era possibile, Paolo non aveva più le gambe né le braccia, completamente dilaniate dalla bomba".
Così Agnese Borsellino in un libro intervista scritto quando ormai la malattia stava infliggendole gli ultimi assalti.
Un libro carico di nostalgia e di ricordi affettuosi. Non una parola di risentimento, di odio. Il racconto di una vita in comune con un servitore dello Stato, il giudice Borsellino, uomo integro prima che giudice onesto e inflessibile, un uomo solo nella sua lotta contro la mafia condotta ogni giorno fino all'estremo sacrificio in una calda domenica di luglio del 1992.
Basterebbero quelle semplici parole della Signora Agnese per classificare come indecente la scelta della televisione di Stato e di un suo dipendente che, in nome dell'audience a tutti i costi, ha offerto una lunga passerella al figlio del capo dei capi di Cosa Nostra accolto con tutti gli onori per presentare un suo libro.
Anche questo, a suo dire, di ricordi. Di un padre che mentre (sempre a suo dire) gli accarezzava la testa, ordinava di sciogliere bambini nell'acido o contemporaneamente pianificava l'"attentatuni" di Capaci e brindava dopo che un suo scherano aveva azionato il telecomando in Via D'Amelio.
Bene ha fatto il Presidente del Senato a stigmatizzare l'iniziativa di Bruno Vespa evidentemente autorizzato dai massimi dirigenti RAI, affermando che non ci deve essere spazio per simili figuri e non si possono stringere mani lorde di sangue innocente.
E' vero: a nulla valgono le giustificazioni e i distinguo (tardivi) sul fatto che il giornalismo deve addentrarsi anche nei meandri più bui della cronaca e della criminalità, che ci sono stati illustri precedenti, ad esempio l'intervista di Biagi a Buscetta.
No, la memoria dei giudici, dei poliziotti, degli uomini delle scorte mandati a morire da uno Stato imbelle per meno di duemila euro al mese quando contemporaneamente si imbastivano trattive con i boss non può essere infangata per un punto di share in seconda serata.
E' una questione di rispetto per le vittime e per chi ancora crede che il nostro martoriato Mezzogiorno possa essere affrancato dalla morsa della criminalità organizzata.
E' una questione di dignità umana e professionale.
E' una questione di decenza.
Ma nei salotti televisivi da anni queste parole non hanno alcun significato e valore.
Fonte: Il Vescovado
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