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Un ricordo e una riflessione su Papa Bergoglio

Ricordando Papa Francesco: conversazioni tra Alberto Quintiliani, Giuseppe Roggi e Don Vincenzo Taiani

«Parleremo del Santo Padre Francesco, dei suoi pensieri della sua opera pastorale, dei messaggi continuamente inviati a più destinatari per ottenere una profonda giustizia sociale, pace, speranza, alleviare la "fame nel mondo" e dedicare una attenzione particolare ai poveri e agli ultimi - i cosiddetti "scarti della società"»

Inserito da (Admin), martedì 29 aprile 2025 07:05:17

Alberto Quintiliani: Ricordiamo questi giorni, con profonda tristezza e nostalgia, la figura di un "figlio della Chiesa" che ha purtroppo lasciato questo mondo, mondo che resterà per sempre impregnato in maniera indelebile del suo passaggio terreno, come lo è nei cuori e nella mente di tutti i tantissimi fedeli che lo hanno profondamente amato, come è stato visivamente testimoniato dalla marea di persone che hanno partecipato al suo "estremo saluto"

Parleremo del Santo Padre Francesco, dei suoi pensieri della sua opera pastorale, dei messaggi continuamente inviati a più destinatari per ottenere una profonda giustizia sociale, pace, speranza, alleviare la "fame nel mondo" e dedicare una attenzione particolare ai poveri e agli ultimi - i cosiddetti "scarti della società".

Sentiremo, su questi argomenti, i pensieri di un giovane di Maiori Giuseppe Roggi, che conosce molto bene il mondo della Chiesa e, in particolare i giovani, categoria a cui il Santo Padre ha sempre riservato la sua attenzione particolare, a seguire i miei pensieri e infine, a chiusura, quelli "tecnicamente" più importanti di Don Vincenzo Taiani di Maiori , che - come il Santo Padre - ha ricevuto la formazione culturale e sacerdotale nell'ordine dei "Gesuiti nella Facoltà Teologica di Napoli".


Giuseppe Roggi:
Il 21 aprile 2025 ci ha lasciato Papa Francesco. Dopo essere tornato per l'ultima volta tra la moltitudine di piazza San Pietro e per l'ultima volta impartendo la benedizione "Urbi et orbi", portando a compimento il suo pellegrinaggio terreno.

Era l'uomo "venuto dalla fine del mondo". Ha praticato un magistero estraneo ai "sacri affari" di una Chiesa troppe volte sodale dei potenti e per riportare il Vangelo nella sua dimora naturale: tra gli ultimi.

Oggi piangono i credenti e i non credenti: perché in una contemporaneità così venale e necrofila, ci sentiamo smarriti, orfani di una guida, di una bussola, di un lessico che non maledice, non irride, non storpia, non avvelena la vita delle nostre comunità, ma piuttosto ci chiede di denunciare e contrastare il delitto dell'ingiustizia sociale e quelle "strutture di peccato" che producono la ricchezza privata dall'impoverimento sociale e ambientale.

È stato un Papa capace di sganciare la bellezza della "buona novella" dai chiodi del clericalismo, di ripulire la fede dalla sporcizia dell'integralismo e del fanatismo, di nominare la pace non come liturgia domenicale ma come orizzonte dei giorni feriali. Ha aperto un dialogo nuovo tra la fede e le culture della modernità, centrato sulla "teologia degli oppressi", sulla libertà, sull'etica del volto, sul diritto alla dignità e al rispetto per ogni essere vivente, sulla cura biblica del creato, sul dovere della fraternità, sulla necessità storica di riaprire la via del disarmo nel segno della conversione ecologica dell'economia.

È stato un uomo del cielo ma capace di stare fino in fondo dentro la carne della storia, sempre dalla parte di quelli appesi alle croci delle guerre, della miseria, della persecuzione.
Dopo 12 anni di Pontificato fatti di opere, di gesti e di parole la Chiesa continuerà a camminare nel solco tracciato da Francesco o gli eminentissimi Sigg. Cardinali opteranno per un successore che ritorni alla tradizione fatta di vesti e crocifissi d'oro?

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Alberto Quintiliani: - Proseguo la conversazione con opportune domande rivolte a Don Vincenzo Taiani (Vostra Beatitudine - come ormai ho l'abitudine di chiamarlo! -

Carissima Vostra Beatitudine, nelle mie pluriennali conversazioni intercorse con voi abbiamo più volte toccato argomenti sociali, economici e religiosi, ma in questi ultimi tempi abbiamo più volte focalizzato la nostra attenzione sulla figura del Santo Padre Francesco ("Ciccio", come affettuosamente lo chiamate Voi!).

Abbiamo dedicato la nostra attenzione sugli importanti pensieri sempre presenti negli accorati appelli del Santo Padre finalizzati a mettere e a mantenere il "focus" sui gravissimi problemi che "flagellano" da tempo il pianeta, con le numerose e sanguinose guerre - e conseguenti stragi di innocenti, fra cui donne e bambini - l'immondo e intollerabile commercio delle armi, il gravissimo problema costituito dai migranti e delle "morti in mare", le difficoltà economiche di molti paesi del mondo, i problemi dei giovani, dei carcerati, dei poveri, degli emarginati, degli ultimi ed infine il colpevole "strapotere" della finanza speculativa internazionale.

In questo quadro a tinte fosche la figura del Santo Padre ha assunto nel tempo un ruolo sempre più importante, visibile e sempre presente, che molto spesso è stato assimilato addirittura a quello di un autorevole esponente politico, categoria quest'ultima, a cui Papa Bergoglio ha continuamente indirizzato i suoi accorati appelli.

Anche sul versante organizzativo interno i comportamenti di Papa Francesco hanno rappresentato un vento nuovo che da tempo ha spazzato via le molte "ragnatele" di cui la Chiesa era impregnata.

Su quest'ultimo aspetto, tuttavia, questi cambiamenti auspicati non sempre sono stati condivisi da quella parte della "Chiesa tradizionale" ancora permeata dai pregressi fasti e dalla sua autoreferenzialità, rispetto alla "frugalità" che ha sempre caratterizzato il "modus operandi" del Santo Padre, come da suo carattere semplice, che ha poi trasportato anche nel suo ruolo di Papa. Intendo soprattutto riferirmi alla "congrega dei cardinali" che ha sempre rappresentato una sorta di "casta" all'interno della Chiesa, il cui ridimensionamento del suo ruolo avrebbe senz'altro costituito un freno all'opera di rinnovamento della "Chiesa pellegrina sulla terra" voluta dal Santo Padre, molto più attenta invece alle condizioni di vita delle persone, alle diseguaglianze e alla giustizia sociale.

Premesso quanto sopra succintamente elencato, vorrei chiederVi, caro Don Vincenzo, le Vostre competenti considerazioni.

 

Don Vincenzo Taiani: Carissimi Peppe e Alberto, tutte le vostre considerazioni di sopra esposte sono valide, suggestive, appropriate. Aggiungo ora le mie, o meglio la mia, perché sarà una sola, la causa eziologica, fondamentale e scaturigine di tutto quello che giustifica e ci fa capire meglio e comprendere tutti gli aspetti e i comportamenti di Francesco, nel suo ministero pietrino. In filosofia si chiama "causa prima", "primordiale", "fondamentale", "radicale", sui cui poggiano tutti gli svariati filamenti comportamentali umani. Tale causa eziologica è come la radice, ad esempio, di un albero, dalla quale vengono fuori tronco, rami, fiori, frutti e quant'altro che aiuta a distinguere un albero dall'altro, facendolo crescere arricchendo la natura. Anche in medicina accade questo. Il dolore, per esempio, che si avverte, è solo la conseguenza di una causa nascosta dell'organismo da scoprire per capire il fenomeno doloroso. Applicando questa riflessione filosofica a Francesco ci aiuta a capire il perché dell'opera compiuta dal papa. Ognuno, dopo la morte di questo papa, lo tira per la giacca per dargli una etichetta particolare, sociale, politica, eccetera, attirandolo idealmente nel proprio clan, con il rischio che ne viene fuori un puzzle, costituito come un gioco di tasselli da assemblare. A me non è successo questo, perchè ho conosciuto i gesuiti nei miei molteplici anni di studi filosofici-teologici, che considero come una delle grazie più importanti e formative della mia vita umana e sacerdotale. Li ho avuti come maestri, professori, padri spirituali, che mi hanno fatto capire appunto da dove proveniva questa poliedrica attività della loro vita così movimentata, assorbita dal lavoro pastorale e soprattutto fruttuosa.

Applico quanto maturato in me negli anni in cui ho convissuto con la comunità ignaziana al Papa che ci ha lasciati di stucco quando fu eletto Papa e quando il Signore lo ha chiamato a Sè.

Mi stupì molto l'imposizione del nome di "Francesco" che si diede. E dopo una subitanea meraviglia, compresi il perché: San Francesco è stato "il più santo degli italiani e il più italiano dei santi", che si addiceva ad una formazione ignaziana rigorosa, che includeva una sola scelta fondamentale: l'imitazione di Dio fatto uomo. Come San Francesco ha dato alla regola francescana l'unica ispirazione, quella evangelica e cristologica, così ha fatto Francesco Papa. Ha scelto il vangelo di Cristo come ispirazione del suo apostolato di rappresentante di Cristo in terra.

Il Vangelo di Gesù è pieno di pensieri spirituali, di esempi molteplici e diversi, talune volte anche contrastanti, di detti intuibili, di atteggiamenti giusti e razionalmente validi, di vita e di morte. Così Francesco ha voluto avere come ideali di vita vissuta da papa gli ideali di Cristo Dio d'accordo con i famosi detti ignaziani. Come ad esempio: "ad majorem Dei gloriam", tutto è e deve essere alla maggior gloria di Dio, "simul ac cadaver", cioè con una obbedienza come è quella di un cadavere, che viene trasportato da una parte all'altra senza opporsi, per esprimere la sottomissione assoluta alla regola, alla volontà dei superiori, e con il quarto voto con il quale dichiarano obbedienza incondizionata verso il pontefice, al papa, con rinuncia della propria personalità. Con questa adesione a Cristo Dio e al suo vangelo non si può ridurre a tasselli la figura di papa Francesco, si diminuirebbe la sua figura internamente assemblata premettendo di trascinarlo socialmente e politicamente in un clan ben chiuso e unilaterale di qualsiasi ideologia.

Con la sua morte ci ha lasciato un grande ideale, e uno stile perfetto di una vita veramente cristiana, che può essere espresso con le parole di S. Paolo ai Corinti (11,1-16), che diceva ai suoi fedeli: ‘siate imitatori di me come io lo sono di Cristo', un ideale cristologico di vita cristiana, che tutti possiamo imitare, perché con il Battesimo ciascuno di noi è un ‘alter Christus' un altro Cristo, unto con l'olio della salvezza nello Spirito Santo, nell'acqua e nel fuoco.

Papa Francesco aveva uno stile di vita conforme a quello di Cristo, e soprattutto aveva un cuore grande come quello di Cristo suo ideale, dal quale scaturivano parole di speranza, di pace, di amore per ogni genere di situazione o difficoltà per sè e per gli altri: come dice il vangelo: "ex abundatia cordis os loquitur" (Matteo 12,339,12,33...) la bocca parla dall'abbondanza del cuore. Aveva un cuore di carne e non un cuore di pietra (Ezechiele 36,26-27) perché la Bibbia aveva detto: "vi darò un cuore nuovo e metterò dentro di voi uno spirito nuovo; toglierò dal vostro corpo il cuore di pietra e vi darò un cuore di carne".

E Dio l'ha voluto premiare, perché ha inviato la mamma sua Maria un mese prima della morte, come hanno dichiarato un prelato intervistato in TV, di pensare a prepararsi la tomba per la sua prossima dipartita da questo mondo.

Fonte: Il Vescovado

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