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Un Museo-Laboratorio di Arte Contemporanea a Ravello: il contributo di Danilo Maestosi

Inserito da (redazionelda), lunedì 9 gennaio 2017 12:58:58

L'appello lanciato nei giorni scorsi dall'Architetto Alberto White dalle pagine del Vescovado per un Museo-Laboratorio di Arte Contemporanea a Ravello, comincia a ottenere i primi riscontri dal mondo culturale. E' del giornalista Danilo Maestosi la prima risposta, attraverso una lettera che pubblichiamo di seguito.

 

Ho molto viaggiato. E in più di mezzo secolo visitato luoghi indimenticabili. Altrettanto belli, altrettanto e forse anche più carichi di storia, incanto e mistero. Dalla Valle dei Re al Machu Pichu, da Petra a Palmira, dai templi sommersi nella jungla di Palenque, a quelli che all'alba spuntano come miraggi nella foschia in una vallata della Birmania, dalle spiagge dei Mari del Sud alle sabbie vulcaniche delle Galapagos. Ma nessun altro luogo come Ravello mi ha forse restituito l'occasione di misurare il senso ambiguo e sfuggente del viaggiare. A Ravello ti arrampichi lasciandoti alle spalle le terrazze e le curve tortuose della costiera, tavolozze di blu increspate di spuma e di luce che ti abbracciano quando ti tuffi. Arrivato lassù giri tra i vicoli, ti fermi in piazzetta per due chiacchere e una granita, poi prosegui fino a villa Cimbrone e da quello sperone di paradiso pagano vegliato da vecchi busti di pietra corrosa ti affacci sull'infinito dove cielo e mare si fondono. E ti rendi conto che è proprio quell'orizzonte senza sosta e senza confini il dentro che stavi cercando, la vera meta che devi raggiungere. Che ogni viaggio ti trasporta verso un altro viaggio. Ma non ti senti ingannato. Perchè lo sguardo che si smarrisce spaesato in quella vertigine è in compagnia di altri sguardi innamorati o stupiti, trascinati dalla stessa malia, dallo stesso canto di sirene, che qui, solo qui in costiera, hanno altri nomi e altre sembianze. Creature alate che chiamano janare e ricordano più le streghe di Macbeth, i giochi beffardi delle Parche, i suoni sensuali del flauto di Pan che gli echi ingannevoli di fantasmi marini. Libere di ghermirti e trascinarti su in alto o lasciarti sprofondare giù in basso. Verso un destino che può essere mare o montagna. Aperto a ogni soluzione, come succede ad ogni viaggio che insegue la verità e prova a dargli forma.

Una somma di sguardi e di fantasie che qui col tempo hanno fatto il nido, partorendo immagini, racconti. Musiche sublimi come quelle di Wagner, che arrampicandosi qui a dorso di mulo si è visto rivelare il Paradiso che stava sognando. O acrobazie mentali come quei castelli di scale incrociate in direzioni impossibili che hanno acceso il talento visionario di Escher, altro illustre visitatore di Ravello. Sguardi di artisti e di altrove possibili sigillati da firme consacrate a leggenda e altre che forse non lo saranno mai, ma hanno tutti lasciato tracce, un mosaico di tracce da consultare come mappe e bussole di un viaggio infinito che ognuno può proseguire a suo modo seguendo le proprie rotte, riconoscendovi in tutto o in parte un proprio percorso.

A ricomporlo questo mosaico si potrebbe davvero costruire uno straordinario museo antropologico e artistico del viaggio, come quello che l'intervento di Alberto White su questa vetrina on line intende rilanciare. E proprio qui a Ravello dove l'idea ambiziosa di questo scrigno di memoria e ricerca è nata, ha preso corpo e poi si è ingiustamente insabbiata. Ma potrebbe rimettersi in viaggio.

Perchè un valido punto di partenza c'è già. Ci sono le opere, poche a dire il vero, che il Comune conserva ed espone. E poi quelle, un campionario molto più ricco, che Bruno Mansi ha raccolto in trent'anni di attività come gallerista, anfitrione e promotore d'arte. Doni e lasciti d'autore più che meritati perchè ad ognuno di quegli artisti Bruno Mansi ha regalato molto di più. Stima, amicizia, rispetto, la possibilità di scoprire i tesori di questo spicchio di mondo, stimoli a cercarne degli altri ascoltando le voci e gli echi che passeggiare tra queste quinte ti risvegliano dentro, la conoscenza e il contatto con altri viandanti in cerca d'anima. Un filo di sentimenti, sapori ed emozioni che ora cuce insieme tutti questi lavori e potrebbe essere calamita di nuovi incontri, sorgente di nuovi parti di fantasia. Diventare il nucleo di un museo che cresce su se stesso e si allarga inglobando i cerchi di quei primi sassi lanciati nello stagno, rendendo vita, con questa sua vocazione a sperimentare, aprirsi, associarsi, respirare la diversità, all'idea stessa di viaggio come infinito movimento verso l'altro e l'altrove. Certo bisognerà trovargli casa a questo museo. Dove, come, con quale aiuti? Oltre alle istituzioni, e ai fondi che possono mobilitare e trovare, servirà un impegno collettivo, perchè questo museo deve essere sentito a Ravello come la casa di tutti. Diventare molto più che un'attrazione turistica di qualità, un risorsa d'identità. Perchè anche un paese bellissimo come Ravello, benedetto dagli dei direbbe Wagner, rischia sempre di vedere impoverire i propri richiami, se si accontenta di essere una meta a cinque stelle da guida turistica e non invece un porto da cui partire per altri viaggi. Una balconata verso l'infinito appunto. E non un souvenir, un fondale da selfie. O un'isola di Circe, così apparentemente appagante da impedirti di rimetterti in mare verso nuove avventure.

Fonte: Il Vescovado

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