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Cronaca

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Allungavano carburante con olio industriale, arrestate 59 persone a Napoli: gestivano distributori anche nel Salernitano

L’attività investigativa dei carabinieri, che ha permesso di contestare agli indagati ben 70 episodi di truffa, ha consentito il sequestro di denaro, immobili, società e distributori di carburante riconducibili a vario titolo ai principali indagati

Inserito da (Redazione LdA), lunedì 9 maggio 2022 14:00:43

Avevano creato un ufficio postale fittizio, con tanto di sito web che compariva dei motori di ricerca. Inoltre, riproducevano abilmente gli assegni che ricevevano in foto via whatsapp, per poi incassarli con successo in banca. Infine, importavano olio industriale dall'Est Europa con cui allungavano il gasolio.

Questa notte, a conclusione di una complessa indagine coordinata dalla Procura della Repubblica di Napoli, i Carabinieri del Comando Provinciale di Genova, supportati principalmente dai militari di Napoli (nonché di Salerno, Varese, Venezia, Roma, Frosinone, Latina, Milano, Brescia, Lodi, Novara, Avellino, Pordenone), hanno dato esecuzione ad un'ordinanza di applicazione di misure cautelari nei confronti di 59 persone (46 custodia in carcere e 13 in regime di arresti domiciliari), appartenenti a tre sodalizi criminali specializzati nella commissione di truffe operanti su gran parte del territorio nazionale.

L'attività investigativa dei carabinieri, che ha permesso di contestare agli indagati ben 70 episodi di truffa, per un conseguito profitto illecito complessivo di circa 1 milione e mezzo di euro, ha consentito il sequestro di denaro, immobili, società e distributori di carburante riconducibili a vario titolo ai principali indagati per un valore complessivo stimato intorno ai 2 milioni e 700mila euro, nonché il sequestro di un appartamento adibito a stamperia unitamente a numerosi apparati informatici per la stampa professionale di banconote, documentazione contabile e titoli bancari/postali.

La 1^ associazione per delinquere, avente base direttiva e logistica a Napoli, con ramificazioni in Lombardia e Friuli Venezia Giulia, agiva nell'ambito delle compravendite on-line di autovetture di pregio utilizzando quattro batterie operative.

In particolare, dopo preliminari contatti telefonici, ai telefonisti (truffatori) subentravano altri complici che sotto false identità concludevano di persona le trattative consegnando agli inserzionisti assegni circolari falsi emessi da un inesistente ufficio postale creato allo scopo dall'organizzazione, che ne faceva comparire, tramite finte pagine web, i riferimenti sui principali motori di ricerca. Con altro modus operandi, i truffatori si proponevano anche come sedicenti venditori di veicoli; infatti, utilizzando immagini del mezzo e dei documenti di circolazione ottenute via "whatsapp", nel corso delle trattative avviate come acquirenti duplicavano sui siti specializzati l'originale inserzione di vendita sostituendosi al vero proprietario ed indicando un prezzo d'acquisto decisamente conveniente. Contattati su un'utenza dedicata riportata in annuncio, i sodali richiedevano agli ignari compratori di emettere a favore del falso venditore un assegno di caparra o coprente l'intera cifra e di anticiparne l'immagine via "whatsapp" come garanzia dell'impegno all'acquisto, rimandando la materiale consegna del titolo e della vettura ad un incontro con la vittima fissato a distanza di qualche giorno ed a cui non si sarebbero presentati.

L'organizzazione, infatti, sfruttava quel lasso di tempo per riprodurre, a mezzo propri falsari e stamperia, l'assegno ricevuto in fotografia, incassandolo senza incorrere in alcun problema di "bene emissione" considerata la correttezza dei dati in esso riportati, corrispondenti a quelli del titolo originale contraffatto. Tra gli indagati anche dipendenti delle poste che, tramite indebiti accessi agli archivi informatici dell'Ente, fornivano i nominativi di persone molto anziane od emigrate da tempo all'estero che risultavano titolari di buoni fruttiferi in lunga giacenza o emittenti vaglia postali d'ingente valore. I buoni ed i vaglia venivano successivamente clonati ed incassati con l'aiuto degli stessi impiegati da sodali o soggetti compiacenti, sostituitisi ai legittimi titolari/beneficiari utilizzando documenti falsi.

Il 2° sodalizio criminale, con base direttiva e logistica anch'esso a Napoli e ramificazioni in Friuli Venezia Giulia, si avvaleva di cinque batterie operative per commettere la stessa tipologia di truffe ma utilizzando una diversa modalità esecutiva, seppur con l'utilizzo di assegni circolari falsi, emessi da istituti bancari realmente esistenti. Il sodalizio era specializzato nella compravendita on-line di beni di lusso fra cui orologi di noti marchi, vetture di grossa cilindrata e pregiati prodotti alimentari.

Le vittime si recavano presso la propria filiale bancaria per verificare la genuinità dell'assegno in compagnia di uno dei truffatori che avvisava un altro complice, risultato essere il promotore dell'organizzazione, che sfruttava le competenze professionali acquisite nei venti anni trascorsi come tecnico alle dipendenze della società "SIP". Infatti, allorquando i cassieri della banca contattavano telefonicamente l'istituto emittente l'assegno (falso) per verificarne la "bene-emissione", non colloquiavano in realtà con i colleghi dell'altra banca ma con il predetto truffatore che, collegandosi con apposita strumentazione alle centraline telefoniche nelle vicinanze di alcuni istituti di credito campani, ne deviava le telefonate in entrata assicurando la genuinità dell'assegno, che solo in un secondo momento risulterà falso. I truffatori in questo modo si facevano consegnare i beni in vendita.

La 3^ associazione per delinquere, stanziale a Napoli in ogni assetto strutturale, è risultata coinvolta nell'importazione dall'est Europa di olio industriale a mezzo cisterne accompagnate da false bolle di trasporto. L'olio stoccato in un deposito sito nell'area salernitana veniva illecitamente miscelato con il gasolio allo scopo di allungarne la quantità per incrementare i ricavi derivanti dall'erogazione al dettaglio presso nove impianti di distribuzione ubicati nelle province di Napoli e Salerno, controllati dal sodalizio.

I proventi illeciti venivano progressivamente reimpiegati nella costituzione di società-cartiere operanti nello specifico settore, nei cui capitali confluivano anche i numerosi beni immobili e mobili acquistati nel tempo dal sodalizio per riciclare il denaro.

Fonte: Il Vescovado

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