Tu sei qui: CronacaAR Italy incontra Raffaele Fontanella
Inserito da (admin), lunedì 27 luglio 2015 00:00:00
Non solo strutture, offerte e peculiarità che incarnano gli usi, i costumi e le tradizioni “tricolori”, ma spazio anche a personalità che contribuiscono a mettere in risalto tutto quello che identifica l’Italia nel mondo. Dalla comunicazione visiva al graphic design, dallo stile ben distinto alle tecniche pubblicitarie: “AR Italy” - Italian Lifestyle, progetto di territorio 2.0, ha incontrato Raffaele Fontanella, ideatore del progetto “Museo del Marchio Italiano”, per conoscere la sua opinione in merito alla percezione dello stile italiano all’estero ed alla visibilità dei marchi italiani nel mondo.
Fondatore nel 1985 con Maurizio Di Somma dello studio “R&M Associati Grafici”, Raffaele Fontanella nel 1990 consegue la laurea in “Commercio internazionale e mercati valutari” presso l’Istituto Universitario Navale di Napoli, con una tesi dal titolo “La grafica nella comunicazione aziendale e le strategie di marketing”. È un grande esperto di comunicazione visiva, tanto che ha condotto una ricerca documentaria storico-grafica sull’evoluzione, il cambiamento ed il restyling dei principali marchi italiani, pubblicando tali studi nel libro “Come cambiano i marchi” (Ikon Editrice). Nel 2014 fonda insieme ai suoi soci il “Museo del Marchio Italiano”, vasta documentazione dei marchi italiani e del cambiamento che hanno subito negli anni, tracciando la storia visiva del “made in Italy”.
Si è sempre occupato di promuovere l’immagine di grandi aziende in svariati settori. Ritiene che i marchi italiani siano in grado di competere con la concorrenza estera?
«Se solo penso ai grandi marchi mondiali, mi riesce difficile non ricordarne molti italiani. L’Italia è onnipresente sui temi di creatività, design e gusto. Mi si chiede se i marchi italiani possano competere a livello internazionale? Rispondo facendo alcuni semplici nomi: Ferrari, Nutella, Armani, Benetton, Gucci, Prada, Dolce & Gabbana, Campari, Costa Crociere, Barilla, Illy, Eni, Pirelli; bastano? Ogni volta che lavoro per un’azienda nella realizzazione della sua intera identità visiva, dal marchio alla letteratura aziendale, sono sempre fortemente ispirato dai grandi designer italiani che hanno, nel tempo, dato un’impronta indelebile al graphic design globale, come Vignelli, Grignani, Noorda. E basti pensare che il caso Olivetti, nel mondo, è considerato una delle prime esperienze di corporate identity. Tali valori hanno portato la produzione artigianale ed industriale italiana ad eccellere nella competizione commerciale internazionale. Così come il prodotto italiano presenta notevoli qualità di realizzazione, cura dei dettagli, fantasia del disegno e delle forme, così anche il marchio dovrebbe parimenti veicolare tali eccellenze».
Nell’immaginario collettivo lo stile italiano è universalmente distinto, ma secondo lei cosa spinge gli stranieri a ricercare i prodotti “made in Italy”?
«Il “made in Italy” nasce negli anni Ottanta come processo di difesa e rivalutazione dell’italianità del prodotto per contrastare la falsificazione della produzione artigianale italiana. Chi cerca il “made in Italy” ricerca la qualità, quella qualità che solo mani artigianali sanno dare al prodotto. Le quattro ‘A’ dei prodotti italiani sono universalmente conosciute: “Abbigliamento, Agroalimentare, Automobili e Arredamento”. Campi in cui l’Italia non teme la concorrenza, ma eccelle. Comprare un abito “made in Italy” è un prestigio; mangiare un prodotto culinario italiano è mangiare bene, sano e di qualità, così come guidare una Ferrari è il sogno di ogni uomo. Certamente deve tenere costantemente sotto controllo il mercato della contraffazione (il Parmesan per il Parmigiano Reggiano, ad esempio) perché tali pratiche distolgono il consumatore dal vero prodotto di qualità».
Crede che si possa migliorare il modo in cui promuoviamo le nostre realtà nel mondo?
«Credo si possa sempre migliorare, ma nella comunicazione è fondamentale non fermarsi mai. Bisogna informarsi ed aggiornarsi costantemente per stare al passo con i tempi. Bisogna intercettare i nuovi bisogni del potenziale cliente, interpretarli ed adeguarsi per soddisfarli. È questa la sfida del futuro! Per queste motivazioni, cioè cercare di migliorare la promozione del nostro bel “made in Italy”, io e i miei soci abbiamo, da aprile 2014, concretizzato l’idea di creare il Museo del Marchio Italiano (www.museodelmarchioitaliano.it), un museo virtuale che si pone come polarizzatore della tracciatura iconografica della storia industriale e grafica italiana contribuendo al suo approfondimento ed alla sua valorizzazione. Rappresenta, inoltre, un approfondito resoconto della storia visiva del “made in Italy” dal quale emergono le oscillazioni del gusto, gli stili e le tendenze».
Per info e contatti:
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Fonte: Il Portico
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