Tu sei qui: Cronaca«Porta quei cosi»: così comunicavano i pusher della Costiera
Inserito da (redazionelda), domenica 3 aprile 2016 10:06:21
«Porta dieci amici», «porta i biglietti», «dammi due cocktail», «porta quei cosi»: sono solo alcune delle frasi in codice utilizzate dall'organizzazione dedita al traffico di sostanze stupefacenti operante tra la Costiera Amalfitana e i comuni del versante napoletano dei Lattari, Agerola e Pimonte, sgominata venerdì scorso nell'ambito dell'operazione ‘Isola Felice'. A darne notizia il quotidiano Il Mattino. Le indagini condotte dai Carabinieri di Amalfi a partire dal 2013 sono supportate da una serie di elementi, prevalentemente da intercettazioni telefoniche che hanno consentito di individuare modalità d'azione della banda, costituita in larga parte da giovani di Ravello, Scala e Amalfi, alle dirette dipendenze dei capi dell'organizzazione residenti tra Agerola e Pimonte.
Sul territorio costiero è una pluralità di sottogruppi di soggetti dediti allo spaccio, ciascuno ruotante attorno ad una figura leader avente il precipuo compito di coagulare attorno a sé una pluralità di soggetti, uniti da stretti e duraturi legami, che erogavano anch'essi in modo costante lo stupefacente ai vari "pusher"e talvolta direttamente al consumatore ultimo.
In tutto sono 19 le ordinanze cautelari emesse dalla Procura della Repubblica di Salerno: alle 17 di venerdì se ne aggiungono due per un giovane di Ravello e l'altro di Amalfi che per motivi personali non si trovano in Italia. I due dovrebbero rientrare nella giornata odierna e domani verrà notificata loro l'ordinanza.
Ma sono 34 le persone coinvolte nell'inchiesta: dalle indagini sono venuti fuori elementi rilevanti.
Ravello il centro più attivo: oltre ai sette arrestati (di cui due finiti a Fuorni) nell'operazione svoltasi sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia, nomi già noti alle Forze dell'Ordine risulterebbero con insistenza nelle intercettazioni.
Ognuno avrebbe avuto un ruolo preciso, come avvertire l'arrivo di qualcuno, ad esempio un passante, o monitorare i movimenti dei Carabinieri, avvertendo quando passava un'auto di servizio per eludere eventuali controlli. Le modalità di spaccio, invece, sarebbero state pianificate scegliendo zone di difficile raggiungimento da parte delle auto dei Militari: strettoie, vicoli, stradine di periferia spesso impervie. Stando a quanto rivelato da Il Mattino, se i ragazzi usavano linguaggi criptati, i presunti "capi" erano molto più silenziosi al telefono. Il giro d'affari non sarebbe stato molto esteso anche se lo spaccio pare avvenisse con cadenza anche quotidiana. I prezzi variavano dai dieci ai cento euro (quest'ultimo per una dose di cocaina) ma di queste cifre al pusher restava ben poco. Molti difatti spacciavano per potersi garantire la dose personale.
Il loro giro d'affari non era molto esteso ma lo spaccio avveniva con cadenza anche quotidiana. In genere acquistavano solo le dosi richieste, a volte anche per uso personale anche a costo di fare trasferte giornaliere.
Intanto si attende, da parte del Giudice per le Indagini preliminari, la fissazione degli interrogatori di garanzia.
Fonte: Il Vescovado
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