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Furore, Costiera Amalfitana, Ambiente, Territorio, Fragilità, Responsabilità

Frana di Furore. Il post dell'avvocato Merolla: "Siamo tutti complici e corresponsabili, anche io!"

Con un pizzico di ironia, la riflessione social dell'avvocato Matteo Merolla: «Sono anch'io corresponsabile della frana di Furore!»

Inserito da (Admin), domenica 28 novembre 2021 11:18:14

di Matteo Merolla

Cinquant'anni fa non si verificava nessuna frana e non divampava alcun incendio, poiché l'originale macchia mediterranea trasformata in terrazzamenti agricoli, con la terra imprigionata in muretti a secco drenanti, era custodita, preservata, manutenuta, curata dai contadini, antesignani ecologisti difensori del territorio. La fascia collinare della Costiera Amalfitana ha avuto prevalentemente una vocazione agricola: allevamento, viticoltura, ulivicoltura e produzione di ortaggi di eccellenza, tra i tanti i pomodorini del "piennolo" e le patate (a Furore addirittura tre raccolti annuali).

Tuttavia, a dispetto di una fatica immane, che ti spezzava la schiena, i guadagni erano da fame, il valore del biologico, delle produzione autoctone di qualità e di nicchia era di la da venire e divenire moda, del resto, non vi si prestava neppure attenzione alla qualità degli alimenti ingeriti, la DOC dei vini era un miraggio. Rispetto a tale deleterio quadro l'abbandono della coltivazione dei terrazzamenti divenne una naturale conseguenza. Si fuggiva all'estero, si scappava verso il nord-est operoso a fare i pizzaioli, si tentava di fare il passo più lungo della gamba nel malsano tentativo di passare da contadini a professionisti (vedi il sottoscritto).

Si, lo confesso, anch'io per non spaccarmi la schiena come i miei genitori, per avere un reddito non legato alla benevolenza degli agenti atmosferici, ho abbandonato un'azienda agricola che riusciva a produrre, nelle annate migliori, 50 barili di vino (2.200 litri, ovvero 3.000 bottiglie). Negli anni, grazie alla modifica dei costumi sociali ed alla legislazione nazionale, è esploso il turismo ecologista, il turismo dei b&b, il turismo escursionista, il turismo collinare più a buon mercato rispetto a quello della Costa balneare, e di colpo gli ultimi contadini, che presidiavano il territorio, scongiurando le frane e gli incendi, sono diventati imprenditori turistici, con la conseguenza che i terrazzamenti sono stati abbandonati al loro funesto destino di colare e disfarsi, col sopravvento di una variante della macchia mediterranea assai più orograficamente instabile di quella originaria.

Anche gli enti pubblici sono corresponsabili: la rete viaria non è affatto manutenuta a dovere, le eccelse originarie infrastrutture sono state abbandonate all'incuria, i tombini non vengono puliti, tutte le caditoie sono state murate, la ex SS 366 Agerolina è stata letteralmente trasformata in una grondaia, perché nessuno la controlla più, c'è persino quello che ha messo il plexiglas alle ringhiere per non far tracimare l'acqua piovana nei suoi sottostanti terrazzamenti, pardon cortili, poiché anche in collina, soprattutto in collina, è avvenuta la cementificazione selvaggia, del resto come potevano, ben a ragione per integrare il misero reddito degli indigeni, sorgere come funghi i b&b se non c'era un rapporto di 4 o 5 vani per abitante?!

In preda all'istinto di sopravvivenza l'imprenditore turistico ha ammazzato quello agricolo, il tenutario del b&b ha pugnalato l'agricoltore, io per divenire uno pseudo libero professionista ho ucciso i miei genitori contadini. Si, della frana di Furore sono corresponsabile anch'io e per chi di dovere comunico che il mio indirizzo è a Furore, al numero 3 di Via Pino, non opporrò resistenza!

Fonte: Maiori News

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