Tu sei qui: Flusso di CoscienzaIl difficile mestiere di raccontare l'uomo
Inserito da (PNo Editorial Board), venerdì 31 marzo 2023 17:24:06
Di Lorenzo Imperato
Meno di due settimane fa ho partecipato, a Bologna, ad un convegno, presso l'Alma Mater studiorum, sull'importanza dell'uomo nelle opere di Omero. Proprio l'autore greco, da uomo dell'VIII secolo, epoca di rinascita e di sviluppo per la civiltà ellenica, pur narrando eventi risalenti al XII secolo a.C, età buia a detta degli storici e non solo, mette in risalto l'essere umano, non più nella ύβρις (hybris), nella ferrea volontà di prevalere su tutti e tutto, come la prassi del tempo voleva, ma nella sua debolezza, in quella dimensione di quotidiana sconfitta, di costante travaglio, di fatica. Omero è, a tutti gli effetti, il primo uomo a descrivere l'uomo. È apristrada di una gloriosa tradizione di cronisti dell'animo umano, autori classici che hanno raccontato l'umanità.
Chi nei secoli ha raccolto questa preziosa eredità ha dovuto fare i conti con una prospettiva non facile: un'indagine continua che porta a riflessioni a volte tragiche, a volte comiche sulla propria e l'altrui esistenza. È la difficile missione del letterato, dare voce all'uomo, narrare poeticamente i suoi continui fallimenti, con la giusta enfasi le sue gioie e, con velata tristezza, le sue sconfitte, senza mai perdere la speranza, guardando sempre all'orizzonte sereno, raggiungibile solo grazie ad una abbondante dose di tenacia, τλημοσύνη (tlemosyne) per i greci, tenacitas in latino.
Sorge però, a questo punto del complesso ragionamento, una domanda impossibile nella sua banalità: che cos'è l'uomo? È doveroso porsi tale interrogativo prima di addentrarsi in qualsivoglia risposta. È soprattutto d'uopo che tale pernicioso quesito se lo ponga chi decide di intraprendere gli studi classici, dal liceo all' Università, fino agli insegnanti delle materie letterarie. Una risposta sulla doppia dimensione dell'uomo ci viene da Omero proprio, che apre il proemio dell'Odissea con la parola άνδρα (andra), accusativo di ανήρ (aner), ossia uomo atto alle armi. Allo stesso modo, Virgilio celebra il "vir", nei primi versi dell'Eneide. È l'aspetto dell'uomo eroe, colui che combatte gli uomini, il valoroso, quello dell'Iliade e il protagonista dell'Odissea per l'appunto. Colpisce però, come in quest'ultimo poema, il termine più ricorrente per indicare l'uomo sia άνθρωπος (antropos), molto spesso al plurale.
L' άνθρωπος (antropos) è quindi l'uomo che resta sullo sfondo, che è obsoleto, oscuro (Domenico Silvestri, Etimologia di άνθρωπος), quello a cui il letterato o lo studioso di lettere sono chiamati a dar voce.
Non è facile dunque riuscire ad interpretare l'uomo comune, quello che non si contraddistingue, ancor più è difficile raccontarlo, scorgere in quella esistenza apparentemente mediocre e poco ispirante, un motivo di studio, di ricerca, di riflessione e soprattutto di concreta soddisfazione.
A tutti i ragazzi che, nei mesi scorsi, trovandosi di fronte alla scelta delle scuole superiori, hanno seguito il cuore, optando per il liceo classico, a quanti lo stanno frequentando. Ai ragazzi ed alle ragazze che nei prossimi mesi dovranno intraprendere un percorso universitario e sono orientati sugli studi umanistici, a coloro che, come me, stanno già percorrendo questa strada impervia ma stupenda, auguro di lasciarsi travolgere dalla meravigliosa indagine che li porterà alla scoperta del cuore della letteratura, del centro del mondo: l'uomo.
Fonte: Il Vescovado
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