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Gli ‘Ndunderi di Minori, al ristorante ‘La Botte’ il gusto autentico di una tradizione

Inserito da (redazionelda), sabato 8 aprile 2017 08:28:32

di Vito Pinto

Vivere la Costiera Amalfitana non è solo il percorrere quella strada or montana ed or marina, che di curva in curva e, a tratti, ancora incontaminata si srotola da Vietri sul Mare a Positano. Vivere la Costiera è anche addentrarsi nei paesi ad incontro di viaggiatori, percorrendo a piedi stradine e scalinatelle in sequenza conoscitiva di un mai visto volto urbano. Così ci si perde nei vicoli stretti, attraversando archi a congiunzione di antichi palazzi, lasciando il mormorio del mare per ascoltare il ticchettio di scarpe sul basolato nel silenzio di mura a perimetro di case. Si assapora, così, l'aria antica del paese, del vicinato, si respirano superati profumi a rimando di cucina da una finestra aperta o un balcone spalancato alla salsedine ascendente e ai limoni discendenti dagli ordinati macéri. Profumi casalinghi ormai dimenticati e raramente ancora assaporabili in luoghi dove il turismo ormai ha piegato alle sue leggi anche il gusto del mangiare.

Resistono, però, alcuni avamposti del gusto, come quello de "La Botte", ristorante piccolo di spazio ma grande di ospitalità, dove potersi rintanare non per la pratica filosofica ispirata dal cinico Diogene di Sinope, ma della buona cucina, del sano mangiare. In quest'ambiente caldo ed accogliente, con il sorriso di Maria Pia D'Auria, l'aria ha il profumo del tempo andato, che sa di basilico, limoni, rossi piennoli, latte fresco, farina appena impastata per la pasta fresca o una squisita pizza con straccetti di mozzarella di bufala e pomodorini.

E' luogo per intenditori, "La Botte", per stimatori della buona tavola e trovarlo non è difficile (per chi lo conosce ed ha naso da... profumi di cucina): si annida al termine di un vicolo ed a ridosso degli scavi dell'antica Villa Romana, dove certamente il patrizio che dall'urbs veniva a trascorrere qui i suoi periodi di otium, usava consumare quei deliziosi piatti a base di "palline latine" condite con il prelibato "moretum" profumato dalle erbe aromatiche della Costiera. Dalla Villa Romana a "La Botte" i passi sono pochi; dalle "palline latine" agli "ndunderi" minoresi il passo è ancor più breve.

Fu lo storico enogastronomico Ezio Falcone a ritrovare, tra i preziosi libri della fornitissima Biblioteca dell'Abbazia Benedettina di Cava de' Tirreni, l'antica ricetta delle "palline latine", e fu con lo chef Enrico Cosentino che Falcone realizzò, con modifiche dovute alle esigenze del mercato, la ricetta degli "'Ndunderi", presentandola, per la prima volta, nel corso di uno di quei sontuosi banchetti ducali che usava organizzare a rievocazione storica dei fasti ducali della Repubblica Marinara di Amalfi.

Tradizione vuole che questo piatto tipico nelle case di Minori lo si prepari in occasione dei festeggiamenti per la Patrona cittadina, Santa Trofimena, celebrati ben cinque volte nel corso dell'anno, in concomitanza con ricorrenze legate alla Santa vergine e martire. Annotava Ezio Falcone: «Era, infatti, consuetudine che tutti i capi famiglia partecipassero alla processione con il loro bell'abito scuro, con camicia bianca inamidata sul cui colletto, però, spiccava una rossa macchia di pomodoro, a significare che era stato consumato il piatto in onore della Santa».

Ma a "La Botte" Maria Pia la prelibata pietanza la prepara tutto l'anno usando, con maestria, i dosaggi dei vari elementi, con la sapienza e i trucchi provenienti dalla sua famiglia, ereditati dalle tradizioni antiche delle tavole minoresi imbandite. Tra l'altro Minori ha una tradizione pastaia centenaria e del bianco prodotto definito "Vivanda degli Dei", ne parlavano già nel ‘700 i viaggiatori del Grande Tour o di quell'Italienische Reise caro a Wolfgang von Goethe. Il viaggiatore inglese Henry Swinburne, dopo aver attraversato i monti dell'Avvocatella, giunto sulla costa annotava: «Gli abitanti sono attivi e industriosi, per il loro abile metodo di mischiare ed impastare la farina e, per qualche eccellenza particolare dell'acqua e del clima, fanno la pasta migliore del Regno».

Dal canto suo un anonimo viaggiatore aggiungeva che «le paste lavorate di Minori hanno il primato su tutte le altre paste confezionate in questa Costiera».

Ed Eduardo De Filippo, ricordando le "spase" di pasta messe ad asciugare al sole e al profumo del mare e dei limoni, sulle canne o sui canovacci adagiati sulla sabbia, non faceva mai mancare nella sua dispensa ‘na ‘ncartata di pasta di Minori.

A voler riportare la ricetta sembra quasi un inutile esercizio letterario, perché gli "ndunderi" di Minori sono una di quelle specialità che non si possono descrivere, ma almeno una volta nella vita bisogna mangiarli. E gustarli a "La Botte" di Maria Pia è un'eleganza cui non avrebbero di certo rinunciato Marcus Gavius Apicius e quel Titus Petronius Niger definito da Tacito "arbitro di raffinatezza".

Fonte: Il Vescovado

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