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«Le occasioni perse di Ravello», Franco Di Mare torna a parlare di Fondazione e Auditorium

Inserito da (redazionelda), venerdì 6 aprile 2018 09:48:40

Torna a parlare di Ravello Franco Di Mare. Con una riflessione affidata al Corriere del Mezzogiorno, diretto da Enzo D'Errico, il giornalista Rai, conduttore del programma Uno Mattina, punta l'attenzione sul momento di "declino culturale" che sta attraversando la Città della Musica. La spia di questa situazione è l'affanno della Fonazione Ravello che si è vista sfrattata dalla sua sede nel cuore della cittadina e la condizione di decadimento dell'Auditorium, dopo otto anni dall'inaugurazione. Dopo il suo "Caffè dei Miracoli", il romanzo edito nel 2015 in cui racconta di Bauci (che in realtà è Ravello), la città invisibile di Italo Calvino se ne sta lassù, arroccata, un po' distaccata anche se spesse volte si ritrova al centro del mondo (delle polemiche), con le sue storie, i suoi personaggi, i suoi paradossi, talvolta incomprensibili, Di Mare - legato da una forte amicizia al primo presidente della Fondazione, Domenico De Masi - continua a prestare attenzione ai fatti di Ravello.

Segue testo di Di Mare tratto dal Corriere del Mezzogiorno.

Quand'ero bambino, mio nonno regalò a mio padre un quadro che rappresentava una veduta del golfo visto da Posillipo. Se non ricordo male, c'era una pacchiana con un vaso sulla testa che si appoggiava a un muretto per riposare, mentre un uomo, col gilè e una coppola calata sulla testa, la osservava dal portico vicino. Sullo sfondo, il mare e il Vesuvio. A mia madre il quadro non è che piacesse molto, per la verità. Anzi, lo trovava brutto assai. Ma mio nonno Ciccillo, ostricaio, era un patriarca e non si poteva offenderlo. Mio padre, per salvare la pace domestica, arrivò a un accordo con mia madre: il quadro sarebbe stato nascosto in cantina e appeso al muro solo quando il nonno veniva in visita a casa. Recuperare il quadro di corsa, in caso di visite improvvise, era compito mio. All'ordine «piglia 'o quadro, `sta arrivanno 'o nonno» a me toccava correre a recuperare la tela che veniva appesa in camera da pranzo, come se non si fosse mai mossa da li. Anni dopo, quando mio nonno era scomparso da tempo e l'umidità della cantina s'era ormai mangiata il quadro, scoprimmo che la tela era della scuola di Posillipo, forse di Salvatore Postiglione, o di Attilio Pratella, vatti a ricordare. Era un quadro di valore, che non avevamo saputo apprezzare. Il fatto è che non c'è niente di peggio di un regalo non gradito, per quanto prezioso sia, per quanto apprezzato sia dagli altri. Voi prendete lo strano destino dell'auditorium di Ravello. Un'opera bellissima, realizzata da una delle più grandi archistar del mondo, un piccolo gioiello che è su tutti i libri d'architettura del mondo che ai ravellesi diciamolo una volta per tutte è sempre stata sullo stomaco. Se avessero potuto, l'avrebbero nascosto in cantina e l'avrebbero tirata fuori ogni volta che Oscar Niemeyer si trovava a passare da quelle parti. I motivi sono e restano un mistero, così come resta per me un mistero per quale motivo quella veduta di Napoli non piacesse a mia madre. Vallo a capire. Ma solo una sorta di idiosincrasia epidermica può spiegare la diffidenza, l'astio, il fastidio quasi con cui i ravellesi (persone peraltro amabili e stimabilissime) guardano all'auditorium e alla Fondazione Ravello che lo gestisce e programma il festival. Il boicottaggio cominciò subito, dall'approvazione della delibera, e sembra non essersi mai arrestato. La verità è che l'auditorium a Ravello lo sopportano, non lo amano. Nelle intenzioni di Domenico De Masi, professore emerito di sociologia, deus ex machina del progetto, quell'opera doveva costituire il volano grazie al quale allungare la stagione concertistica e fare di Ravello la capitale italiana della musica. Di fatto le cose co- me tutti sanno sono andate molto diversamente. Fino ad arrivare al punto di affidare la gestione delle attività culturali legate all'auditorium per millecento euro al mese a una società che s'è aggiudicata una gara quasi deserta: praticamente il costo dell'affitto di due camere e cucina a Napoli, ma non in una zona di pregio. Attenzione, però: le utenze di acqua, luce e gas sono a carico del comune di Ravello. Non è fantastico? Ma non è finita qui: la mancata storia d'amore tra i ravellesi e l'auditorium continua e si arricchisce (si fa per dire) di un altro capitolo. Il comune di Ravello ha dato lo sfratto alla Fondazione, che occupava i locali del tennis club, di proprietà dell'amministrazione cittadina. Non è possibile, penserete. E invece succede anche questo. La fondazione dovrà cercare una nuova sede. Immaginate il prezzo in termini di prestigio internazionale, quando si tratterà di avviare i programmi per le stagioni future, magari accordandosi con prestigiosi enti musicali stranieri: alla voce indirizzo, quelli della Fondazione Ravello dovranno indicare una casella postale. Non c'è che dire: non c'è niente di peggio di un regalo non gradito. Ma non bisogna disperare. Prima o poi vedrete che a Ravello apprezzeranno il regalo di Oscar Niemeyer. Speriamo solo che nel frattempo la muffa non si sia mangiata tutto, come capitò con la pacchiana di mio nonno. Non c'è niente di peggio di un regalo non gradito. Ma non bisogna disperare. Prima o poi vedrete che apprezzeranno il regalo di Oscar Niemeyer.

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Fonte: Il Vescovado

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