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Costiera amalfitana, Cava de' Tirreni, XXXII Giornata Mondiale del Malato

XXXII Giornata Mondiale del Malato, il messaggio del direttore Ufficio per la Pastorale della Salute Diocesi Amalfi-Cava

"Il messaggio del Papa Francesco per questa giornata sottolinea l’importanza delle relazioni umane nella cura dei malati e nella prevenzione delle malattie. Il messaggio invita a superare la cultura dello scarto e a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni."

Inserito da (PNo Editorial Board), lunedì 5 febbraio 2024 11:01:10

Di Antonio Zuppardi, direttore dell'Ufficio per la Pastorale della Salute Diocesi Amalfi-Cava

 

La XXXII Giornata Mondiale del Malato si terrà l'11 febbraio 2024. Questa giornata è stata istituita dalla Chiesa Cattolica per sensibilizzare l'opinione pubblica sulle malattie e per promuovere la solidarietà e la vicinanza ai malati e alle loro famiglie.

Il messaggio del Papa Francesco per questa giornata sottolinea l'importanza delle relazioni umane nella cura dei malati e nella prevenzione delle malattie. Il messaggio invita a superare la cultura dello scarto e a mettere al centro la dignità della persona umana e dei suoi bisogni.

La malattia sociale più terribile per cui le persone più fragili pagano il prezzo più alto, tuttavia, è la guerra e il Papa partecipa con dolore alla condizione di sofferenza e di solitudine di chi, a causa di questa e delle sue tragiche conseguenze, si trova "senza sostegno e senza assistenza".

Molte volte però, anche nei Paesi più ricchi e in pace, "il tempo dell'anzianità e della malattia è spesso vissuto nella solitudine e, talvolta, addirittura nell'abbandono". Una realtà triste figlia della cultura dell'individualismo, "che esalta il rendimento a tutti i costi e coltiva il mito dell'efficienza, diventando indifferente e perfino spietata quando le persone non hanno più le forze necessarie per stare al passo". È la "cultura dello scarto".

"Allo stesso tempo", aggiunge, "l'abbandono dei fragili e la loro solitudine sono favoriti anche dalla riduzione delle cure alle sole prestazioni sanitarie, senza che esse siano saggiamente accompagnate da una ‘alleanza terapeutica' tra medico, paziente e familiare".

Il Papa poi si rivolge direttamente ai malati, chiedendo loro di non vergognarsi di questo. "Non abbiate vergogna del vostro desiderio di vicinanza e di tenerezza!", scrive Francesco, "non nascondetelo e non pensate mai di essere un peso per gli altri. La condizione dei malati invita tutti a frenare i ritmi esasperati in cui siamo immersi e a ritrovare noi stessi". Siamo venuti al mondo perché qualcuno ci ha accolti, siamo fatti per l'amore, siamo chiamati alla comunione e alla fraternità.

Al cuore del racconto resta una domanda: c'è solo "un'acqua curativa" a cui solo alcuni possono accedere per caso o per fortuna o c'è bisogno di un "guaritore" autorevole che consapevolmente e per decisione personale si prende cura di tutti e di ciascuno in modo pienamente umano e solleciti, quindi, ad allargare questa cura "integrale" all'universalità?

Quanti si affidano all'agire di Dio, rivelato in Gesù, non possono non accogliere con gioia e valorizzare, come segno, ogni gesto che esprime questa cura divina per la vita umana, da chiunque provenga. Non possono non farsi promotori - con la motivazione profonda a loro fornita dalla fede - di una cura della vita che diventi accessibile a tutti, in particolare ai più poveri e disperati. Non possono non impegnarsi perché questa cura per la vita arrivi a toccare non solo la dimensione della salute fisica, ma anche la restituzione della dignità umana e la relazione fondamentale di ogni uomo con il mistero di Dio. In questa figliolanza totale e universale si radica il diritto alla cura di ogni persona umana: in ciascuno è il volto di chi è raggiunto dalla originaria forza creatrice di Dio e nessuno può chiamarsi fuori, né nella malattia, né come chiamato a prendersi cura. È la condizione umana la scaturigine del diritto alla cura: una condizione che comporta una doppia responsabilità: una cura rivolta a tutti, in qualsiasi Paese si abiti, perché ciascuno potrebbe dire quella parola "non ho nessuno che...", e la responsabilità, dapprima personale e poi sociale e pubblica, che nasce dalla constatazione che l'opera della salvezza iniziata da Gesù ininterrottamente prosegue con le mani, sempre e ovunque contemporanee, di ciascun battezzato, di ciascun membro della Chiesa.

Fonte: Il Portico

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