Tu sei qui: Storia e StorieCava de' Tirreni, l'eredità dell'abate benedettino Giovan Battista Pacichelli
Inserito da (redazioneip), lunedì 3 ottobre 2016 15:15:20
di Livio Trapanese
Sul finire del ‘600, l'Abate benedettino Giovan Battista Pacichelli, per lasciare ai posteri immagini e scritti inerenti le più importanti città del Regno di Napoli fece un lungo viaggio, percorrendolo in lungo e in largo, al termine del quale, nel 1703, dopo otto anni dalla sua morte, fu pubblicata la raccolta: "Il Regno di Napoli in prospettiva, diviso in dodici province".
Della nostra Città di Cava (il toponimo Cava de' Tirreni origina dal 23 ottobre 1862) ci ha lasciato, in eredità, questa meravigliosa raffigurazione, oltre la descrizione che segue. (vedi foto in bianco e nero; quella a colori, nel giugno 1990 fu acquerellata dal Maestro cavese Ettore Senatore per essere omaggiata da chi scrive, in occasione della XIV (14ª) edizione della Disfida dei Trombonieri, a tutti i Casali di Trombonieri e Sbandieratori (a quel tempo costituiti), Enti ed Istituzioni cittadine).
Dalla raffigurazione si rileva l'ampiezza ed imponenza del castello di Sant'Adjutore, il muro di cinta del convento di San Felice da Cantalice dei Padri Cappuccini ed il lungo borgo porticato.
La descrizione:
«Ella è nicchia vastissima ed assai capricciosa, scolpita dalla Natura per meraviglia o per più centinai dei suoi piccoli Casali.
Crebbe così da' frammenti dell'antica Città di Marcina, opera memorabile degli Etruschi, non affatto perduta, fra l'isole Sirenunse e Pesto o Posidonia, vicino al mare, ben ravvisata da Strabone e nel fondo de' monti detti Metelliani, vecchio ricovero de' Barbari nella Tirannia di Genserico, giusta il miglior racconto di Procopio.
Dianzi fu bosco per caccia e solitudine di signori e di principi e mille anni addietro par che solamente portassero nome quei quattro posti più pieni, Mitigliano, Pasciano, Santo Adjutore (che fu Vescovo) e Finestra, poi Corpo della Cava, il quale donò il titolo alla Città posta in collina, con un dolce declivio, che presta il passaggio pubblico a Vietri e Salerno, con buone case e portici uniti all'uso di Padova e di Bologna.
Le Grotte, formate senza opera di scalpello, provvedute di fresche sorgenti e difese da' raggi solari dagli abeti e dalle querce, non pochi invitarono a viver da Anacoreti, con la contemplazioni del Cielo.
Padre spirituale di molti fu Sant'Alferio, Patrizio Salernitano, della famiglia Pappacarbone, Monaco Cassinese, che poco dopo il mille, col sussidio del Principe di Salerno (Guaimario III e IV, zio e cugino di Alferio), sette miglia lontano dalla Cava, gettò le fondamenta del celebre Monastero, oggi Santuario della Santissima Trinità, coltivato dalle virtù eroiche di molti e arricchito di privilegi, feudi e granaie; che serba fra le pezze più degne, con esattissima cura, l'archivio migliore delle scritture del Regno e distendea già la sua giurisdizione fino a Sant'Arcangelo di Penalia, nell'isola e Reame di Sicilia.
È la Cava immediatamente della Corona Cattolica, ricca, deliziosa e popolata, cresciuta con le grazie singolari, anche pel foglio bianco (la pergamena in bianco) del Re Ferrando I di Napoli (4 settembre 1460 da Ferrante I d'Aragona): ingrandita col magnifico Borgo, detto degli Scacciaventi ove vi si tessono e spacciano tele di lino in quantità, di più forti e a più prezzi.
I Cavajoli portan credito fuori per le negoziazioni, l'esercizio delle armi e le scienze; di acutissimo ingegno, accoppiando ad essi fede e integrità.
È celebre la fama di molti uomini illustri, che l'hanno nobilitata in lettere ed armi, che ci vorrebbe un lungo catalogo per descriverli; i successori de' quali oggi splendidamente vivono, non dovendosi tralasciare d'accennare il valore del qui Don Pietro Carola, che conta sovra otto lustri di fedel servigio al Monarca Spagnolo (Carlo V), de' quali più della metà consumò nei militari conflitti della Lombardia, del Piemonte e di Fiandra.
Capitano sei volte de' fanti italiani e spesso Tenente del Maestro di Campo Generale, di cuor generoso, perdendo e sacrificando gli averi nelle rivolte popolari di Napoli e di Sicilia. È retto nella vita e nelle cariche politiche.
I più rari delle fabbriche sono il Duomo, che si rende illustre per la fonte, la piazza ed il vicino Vescovado, che porta il nome della Visitazione della Vergine e con dolce e largo servigio per le piccole prebende, applica un'Arcidiacono con cinque altre Dignità e diciotto Canonici.
De' sei Conventi due sono nella pubblica via, opportuni a' forestieri; quattro chiostri di Suore, tre Spedali e diverse Cappelle. È sosta gradita di Titolati».
Fonte: Il Portico
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