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Storia e Storie

Dedicare una strada al cavese Servo di Dio: Don Raffaele Maria Sparano

Inserito da (redazioneip), lunedì 28 agosto 2017 07:17:24

di Livio Trapanese

Proprio mentre le truppe francesi proseguivano nel porre a ferro e fuoco la "nostra" Città di Cava (il toponimo Cava de' Tirreni origina dal 23 Ottobre 1862), l'8 Maggio 1799, nella Frazione di Pregiato, venne alla luce Raffaele Maria Sparano, figlio di Vincenzo, ricco mercante, e della signora Anna Capullo, battezzato lo stesso giorno nella locale Chiesa di San Nicola di Bari, dal Parroco Don Vincenzo Ferrante.

Nel 1809, a soli dieci anni, il piccolo Raffaele Maria, unitamente alla famiglia si trasferì a Salerno, ove, in via Dogana Vecchia, il papà Vincenzo gestiva un negozio di grano, ma il giovale Raffaele Maria ogni qualvolta poteva, accompagnato dalla mamma, tornava nella "sua" Pregiato, per incontrare il "suo" Parroco, al quale manifestò subito la vocazione religiosa, tanto che entrò nel Seminario di Nocera dei Pagani e quando visitò le stanze di Sant'Alfonso Maria de Liquori rimase così avvinto che gli fu devoto per tutta la sua esistenza.

Per espressa volontà dell'Arcivescovo di Salerno, Monsignor Fortunato Pinto, il giovane seminarista Raffaele Maria, stante gli eccellenti progressi scolastici ed avendo compiuto 17 anni, venne trasferito al Seminario di Salerno ove fu ordinato Sacerdote nel 1822, divenendo Parroco di San Pietro de Grisonte.

Nel 1829 venne trasferito presso la parrocchia di Santa Maria della Porta e San Domenico,rimanendovi fino al 1880, anno del decesso.

Don Raffaele Maria Sparano fu il vero Apostolo di Gesù Cristo, essendosi distinto per l'assistenza ai malati di colera e ai bisognosi e quando l'8 Ottobre 1849 il Papa Pio IX giunse a Salerno, accompagnato dal Re Ferdinando II di Borbone, volle espressamente conoscerlo per essere noto quale: "Parroco dei Poveri e degli afflitti".

Il quella circostanza Re Ferdinando lo propose per la dignità episcopale di Capaccio che rifiutò per fondare l'Orfanotrofio dei colerosi, struttura che egli stesso finanziò con l'aiuto di benefattori.

L'Istituto, intitolato "Conservatorio di Gesù Sacramento e Maria Immacolata", accolse circa 130 orfanelle, molte delle quali si consacrarono alla vita religiosa ed eucaristica, venendo denominate: "Sacramentiste".

Grazie all'opera di Don Raffaele Maria Sparano fu riaperto il Collegio dei Padri Gesuiti, l'attuale Convitto Nazionale, facendo giungere a Salerno le "Figlie della Carità", affinché impartissero ai giovani l'educazione e l'istruzione, ma anche per assicurare maggiore assistenza agli ammalati.

A Don Raffaele Maria Sparano si deve la riapertura della Chiesa di San Benedetto in Salerno la quale, in precedenza, era stata trasformata in teatro col nome di: "Reale Teatro San Matteo", ciò per le leggi di soppressione napoleoniche del 1807.

Dopo la sua morte, Don Raffaele Maria fu intercessore di grazie e guarigioni, tanto che la Santa Sede lo ha voluto "Servo di Dio".

La prima guarigione riguardò Donna Rosalia Toledo, consorte di Luigi Sergio di Salerno, affetta da una malattia nervosa che non le permetteva di parlare.

Altra guarigione gli viene attestata per la guarigione del Sacerdote Don Francesco Saverio Filippone di Salerno, affetto da bronco-polmonite che lo stava portando alla morte.

Il terzo prodigio riguardò Suor Serafina della Sacra Ferita, la quale, affetta da una slogatura al pollice che le procurava molto dolore, recatasi a far visita alla salma di Don Raffaele Maria, esposta nella chiesa del Conservatorio, accostò con fede il dito malato al volto del defunto Parroco e da ciò ebbe la rapida guarigione.

Un'altra donna, tale Antonietta Nunziata, avendo sofferenze in tutto il corpo, guarì pregando devotamente il defunto Parroco ed un'altra, disperata e abbandonata da tutti e già col volto sfigurato dal vaiolo, rivolgendo le sue devote preghiere all'estinto Parroco, si vide guarita.

Il cavese Don Raffaele Maria Sparano non può essere dimenticato, sia per aver speso la sua vita al servizio del "popolo fedele di Dio", testimoniando sempre e comunque l'esistenza di Cristo, sia attraverso le numerose conversioni e sia anche, col suo confidente e protettivo abbraccio, verso i bisognosi, i carcerati, i colerosi e le orfane.

Indelebile resta il suo operato ed a motivo di ciò sarebbe un grande atto di devozione dedicargli una via, una strada od altro, proprio come segno di riconoscenza da parte della Città che gli diede i natali, per ricordarlo quale Parroco "vestito dell'esistenza di Cristo", proteso a rimarcare il profilo socio-storico-spirituale di Cava de' Tirreni.

Fonte: Il Portico

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