Tu sei qui: Storia e StorieI nostri nonni: gli ultimi testimoni di un mondo antico che non c’è più
Inserito da (redazionelda), lunedì 27 settembre 2021 08:01:31
diDonato Sarno
A tutti noi capita di avere contatti o di incontrare persone ultraottantenni, in salute più o meno buona: a seconda dei casi, può trattarsi di genitori, di parenti, di affini, di vicini, di amici e di semplici conoscenti. Non sempre però riflettiamo sul fatto che queste persone hanno un valore aggiunto, il quale le rende preziose ed uniche. Esse infatti sono le ultime persone tuttora in vita ad aver conosciuto un mondo antico, che era durato per secoli e secoli, con i suoi ritmi di vita, le sue credenze, le sue abitudini, e che ora è scomparso per sempre. In quel mondo non esistevano computers, telefoni cellulari, DVD e neppure frigoriferi e televisioni. Nei paesi della Costiera Amalfitana le abitazioni erano prive di acqua corrente, in alcune mancava pure la corrente elettrica, si cucinava non col gas, ma con la legna e coi carboni, e i panni si lavavano a mano senza detersivi, con la cenere e la liscivia.
Neanche la carta igienica era conosciuta. I bambini nascevano tutti in casa e ne nascevano tanti, perché tutte le famiglie erano numerose e i figli erano visti non come un peso o un fastidio, ma come un dono di Dio. Solo pochi bambini continuavano gli studi dopo la licenza elementare, ché anzi parecchi di loro si fermavano anche prima o non frequentavano affatto, essendo fin da piccoli avviati ai lavori manuali o alle cure domestiche; la scuola però era una cosa seria, si studiava per davvero, si rimandava e si bocciava già dalle elementari pure per lievi mancanze e gli insegnanti erano temuti e tenuti in altissima considerazione, veri punti di riferimento in ogni paese al pari del parroco, del medico, del farmacista e dei pochi altri notabili. Ai genitori - e specialmente al padre - si dovevano rispetto ed obbedienza cieca; alla minima ribellione, a casa o a scuola, seguivano castighi e punizioni anche corporali. L'educazione era severa e severa era anche la morale: le ragazze, in particolare, erano tenute sotto controllo e per preservarne l'illibatezza prima del matrimonio i fidanzati potevano incontrarsi solo per breve tempo, in presenza dei rispettivi familiari e mai da soli. D'estate pochi facevano il bagno a mare e le donne dovevano mettere il costume intero e col gonnellino per non dare scandalo. I preti erano numerosi, vestivano da preti, e altrettanto facevano i monaci e le suore. La domenica tutti andavano a messa, la messa si diceva in latino e nelle chiese si percepiva un senso di sacro e di mistero che oggi invece si stenta ad avvertire; la sera nelle case si recitava il Rosario davanti al focolare. Le automobili erano una rarità, si vedevano ancora carretti e carrozze e si camminava molto a piedi. Non si vedevano ancora le orrende costruzioni che hanno deturpato i nostri territori. Mancava l'abbondanza di oggi, i vestiti erano pochi, si passavano da un fratello all'altro e durante la guerra mancavano pure i generi alimentari di prima necessità, ma il mangiare era ancora sano e genuino. La morte aveva i suoi rituali sentiti e solenni, al primo pericolo si chiamava al capezzale dell'infermo il prete per il Viatico e l'Estrema Unzione; il simbolo della morte era il nero, nei paramenti in chiesa, nei catafalchi, nelle esequie e negli abiti che i familiari portavano, perché il lutto si osservava a lungo, anche esteriormente.
Ovviamente non mancavano ingiustizie, sfruttamenti e sofferenze, non c'erano le odierne comodità, ma in genere si credeva nei valori e non si conoscevano l'individualismo sfrenato, il vuoto di ideali, lo stress e l'insoddisfazione dei nostri giorni.
Quel mondo, così diverso dal nostro, venne definitivamente meno negli anni Sessanta del XX secolo, distrutto da una serie di cambiamenti radicali e repentini registratisi, nel giro di appena qualche decennio, in campo politico (dalla monarchia e dal fascismo alla repubblica e al Sessantotto), economico, tecnologico, ideologico e persino religioso. A tali cambiamenti i nostri anziani, crescendo, hanno assistito, chi promuovendoli o salutandoli con favore, chi osteggiandoli e disapprovandoli, chi recependoli più o meno passivamente. Quel mondo perciò sopravvive oggi solo nel ricordo dei nostri anziani, i quali in esso sono nati e si sono formati.
Amiamo quindi i nostri anziani, che da piccoli ci hanno tenuto per mano e che sono stati per noi guide e maestri di vita, e, riconoscenti per quanto hanno fatto per noi, ritagliamoci del tempo per parlare con loro e per ascoltare i loro ricordi. Non solo faremo loro gradita compagnia, ma dal conversare ne usciremo arricchiti. La storia familiare e la storia di un paese si fanno anche e soprattutto coi ricordi e ognuno di questi anziani, proprio perché vissuto a cavallo di due mondi, porta con sé ricordi preziosissimi, che nessun documento scritto può contenere, perché fatti di emozioni, di percezioni e di vissuti personali che non devono andare dispersi, ma che devono essere raccolti e opportunamente valorizzati anche a beneficio di quanti dopo di loro e dopo di noi stessi verranno.
Fonte: Il Vescovado
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