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Storia e Storie

Ravello, Costiera Amalfitana, Storia, Dialetto, Modi di dire

La saggezza di un popolo (15)

La saggezza del nostro popolo, da sempre, si manifesta non solo nelle grandi opere letterarie o del pensiero filosofico, ma anche nelle consuetudini verbali, negli scambi dialettici di tutti i giorni

Inserito da (Admin), mercoledì 11 settembre 2013 15:18:29

di Antonio Schiavo

Quando sono arrivato a Ravello per le vacanze, il mio amico di infanzia Peppino Amato mi ha riservato una sorpresa: aveva raccolto in giro una serie di proverbi e me li aveva gelosamente conservati come quando (nel giurassico della nostra fanciullezza), ci scambiavamo i compiti che il Professore Cappuccio ci aveva assegnato per casa.

Grazie a questi contributi e a quelli ricavati dall'aver "appizzato ‘e recchie" durante il tempo agostano trascorso in Piazza e nelle vie ravellesi , riesco ad aggiungere un ulteriore tassello a questo mosaico della memoria.

Non mi stancherò, però, di ripetere che il compito si fa sempre più arduo soprattutto se non vogliamo correre il rischio (qualche volta sarà pure capitato e forse capiterà ancora) di attingere alla tradizione scritta e orale non solo della nostra zona ma della Campania tutta.

L'altra difficoltà che si affronta in un contesto così delicato e che richiede molta attenzione anche filologica e preparazione non comune è quella di riuscire ad ampliare, diversificare o integrare le definizioni o la traduzione in lingua nazionale dei proverbi e dei modi di dire.

Il suggerimento mi è giunto dal professor Salvatore Sorrentino che si è pure riservato di fornirmi un supporto competente per rendere questa rubrica ancora più completa ed esauriente.

Ecco il nuovo elenco:

E'fenuta l'erva:

sono finite le vacanze o i tempi favorevoli. Bisogna rimboccarsi le maniche.

Te sapevo piro e nun ne purtave. Mò si sante è vvuo' fa' ‘a grazia?:

Si dice di persone inette che comunque millantano capacità a cui però più nessuno dà credito.

Signore scanzace d'è pezziente sagliute:

E'meglio evitare di avere rapporti o confidenze eccessive con gli arricchiti . A loro mancherà sempre stile ed educazione.

che si collega a:

So' ‘è pezziente che notano ‘e tozze

Chi serve a padrune,'mpagliato more. Chi ‘e serve riale, more a fore d'o' pagliaro.

Non c'è gratitudine per chi è sempre stato fedele

O'tene appiso n'ganna:

E'il preferito. Viene tenuto in grande considerazione. Si dice anche di una persona benvoluta e gratificata al di là dei suoi meriti.

Avite lasciato ‘o muorzo d'a crianza:

Di chi lascia nel piatto un po' di cibo per il senso di colpa che lo assale dopo aver mangiato ai quattro palmenti.

Nun ne vuleva, nun ne vulette, se ne mangiaje cchiu' de sette:

Esattamente l'opposto del modo di dire precedente: prima si dichiara di non voler approfittare poi si esagera. Falsamente schizzinoso.

E'tant'anne che è muorto Pietro e tu ancore siente ‘o fieto:

Di chi ripete ossessivamente le stesse cose.

Addò vaje senza sicchio:

Chi credi di essere. Cosa credi di fare.

E'trasuto de luongo e s'é miso de chiatto:

Attenzione ai falsi modesti:sono quelli che astutamente, fingendo disinteresse e dicendo di accontentarsi,occupano ruoli e posizioni destinati ad altri più meritevoli.

‘O purpo s'adda cocere int'all'acqua soia:

Bisogna lasciar cuocere le persone nel loro brodo. Prima o poi le loro mancanze ,le deficienze o i reali interessi verranno a galla.

Sta deventanno ‘na cammisa de Cristo:

Si parla di cose che sembrano non avere mai fine.

Dulore de mugliera morta rura fino ‘a porta:

Superflua ogni definizione o commento:è un esempio del perfido e cinico realismo dei nostri antenati.

Si collega a:

Povero chi more!

Vuttà a valanza a via d'o gruosso:

Buttarla immediatamente in caciara.Fare la voce grossa solo per non ammettere di aver torto.

Fonte: Il Vescovado

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