Tu sei qui: Storia e StorieLa saggezza di un popolo (18)
Inserito da (Admin), mercoledì 1 gennaio 2014 17:27:53
di Antonio Schiavo
Il professore Sorrentino nel suo intervento su questo giornale diceva una cosa che non può non essere condivisa.
Se finora il nostro parlare , i nostri modi dire sono stati "declassati" a forme gergali o dialettali (sempre se anche il dialetto non abbia già un suo valore intrinseco ) è perché non è cresciuta una piena consapevolezza dell'assoluta valenza culturale di un idioma che nasce come espressione di popolo ma poi si stratifica e si sedimenta nel tempo assumendo la dignità di vera e propria lingua madre.
Questa consapevolezza non è cresciuta perché nessuno ha pensato di trasmetterla alle generazioni più giovani anche attraverso i piani di offerta formativa nelle scuole.
Nel nostro piccolo ancora una volta, come giornale, avevamo visto giusto e lungo nel momento in cui abbiamo proposto (ormai saranno due anni) questa rubrica che sembra abbia precorso i tempi offrendo spunti di attenzione su un patrimonio culturale per anni negletto e che torna ora a farsi prepotentemente spazio.
Anche la proposta lanciata da queste pagine virtuali di coinvolgere gli istituti ravellesi in un concorso per supportare e dare continuità alla ricerca andava e va in quella virtuosa direzione.
Ecco le perle di saggezza di questa volta:
‘A ricchezza mobbile e ‘a fundiaria:
Si dice di persone solo apparentemente o formalmente agli antipodi come carattere o interessi ma che poi agiscono in perfetta concordia solitamente per fregare il prossimo.Si usa spesso con significato dispregiativo.
Quanno ‘o diavole t'accarrezza ne vò l'anema:
Attenzione agli adulatori
Prime de Natale né friddo né fame,doppo Natale friddo e fame:
I nodi vengono al pettine .
E' peccato:
Si dice di una persona degna di solidarietà e comprensione.Si usa soprattutto riferendosi ai bambini .
Nun ‘o lascia de pero:
Non gli dà tregua
So' ghhiute a finì a pisce fetienti:
hanno litigato violentemente, il loro rapporto è irrimediabilmente compromesso
Chi cagne e chi ‘mpresta nun ce ne resta:
proverbio un po' cinico che mette in guardia contro cambiamenti o prestiti non ben ponderati o affrettati.
Venne l'acqua a Cristo:
la fa più difficile di quanto la cosa effettivamente sia,enfatizza oltremodo il proprio sforzo o impegno
L'uocchie so peggie d'e scosse de terramoto:
Attenzione al malocchio
Aizà ‘n cuollo:
Andarsene,partire improvvisamente
Ce simme dato nu pizzeco n'coppa a panza:
Abbiamo accettato di fare un sacrificio
E' male guvernate li guverna Dio:
E'inutile affannarsi con tante preoccupazioni perché Dio ,nella sua bontà,aiuta tutti anche quelli più poveri o meno accuditi.
Nun è manco cucciuliata a cola: Non si è nemmeno scomposto,è rimasto imperturbabile
S'è fatto ciuotto ciuotto:
Ha mangiato a sazietà
Tanto spienne tanto appienne:
Bisogna guardarsi da quelli che sembrano affari troppo convenienti. La spesa vale l'impresa.
(continua)
Fonte: Il Vescovado
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