Tu sei qui: Storia e StorieLa saggezza di un Popolo (38)
Inserito da (redazionelda), venerdì 2 marzo 2018 09:56:17
di Antonio Schiavo
A pagina 34 del dossier di candidatura di Ravello a Capitale della cultura 2020 era abbozzata una proposta decisamente interessante del Centro di Cultura e Storia Amalfitana relativa alla redazione di una Atlante linguistico dei termini dialettali che avrebbe dovuto valorizzare tra l'altro le componenti del cosiddetto patrimonio immateriale del territorio.
L'idea avrebbe abbracciato, secondo gli estensori del documento, l'insieme degli usi e costumi, tradizioni, percezione del paesaggio e saperi antichi.
Poteva essere utile all'uopo la raccolta delle nostre perle di saggezza che da qualche anno proponiamo ai lettori de Il Vescovado e che saremmo stati ben lieti di mettere a disposizione dei curatori dell'iniziativa.
Ci auguriamo che questo progetto non venga abbandonato perché il patrimonio di cultura popolare, retaggio lasciatoci dai nostri avi, non vada disperso.
Nel frattempo noi continuiamo con la nostra ricerca.
L'uocchie so' peggio d'e scuppetate:
Attenzione al malocchio o all'interesse esagerato degli altri alle nostre vicende che, spesso, sono forieri di sfortuna.
Addò vede e addò ceca:
Si dice di chi si comporta in modo parziale, favorendo qualcuno più di un altro o manifestandogli maggiore accondiscendenza o benevolenza (spesso immeritate).
Si sferra ‘a curona:
E' pericoloso quando uno raggiunge il limite della pazienza e della sopportazione;
So' asciute d'o stesso purtuso?
E' mai possibile che due fratelli abbiano caratteristiche fisiche e personalità così diverse?
‘Nganne, nganne:
Appena in tempo; in extremis
A fa bene a jennere e nepute è tutto perduto:
Si parla della irriconoscenza umana, specialmente di coloro a cui hai fatto più bene.
E che: aggio ‘ncruciato io a Cristo?:
Affermazione di disperazione quando tutto sembra andare storto, soprattutto nelle questioni di salute.
N'aggio appise scieme, ma s'è rutto o chiuovo:
La mamma degli imbecilli è sempre incinta
Scampa e degne:
Si dice quando si alternano piogge e schiarite;
E' lasciato ‘o muorzo d'a crianza:
Quando dopo abbondante mangiata ci si fa prendere dai sensi di colpa e si lascia nel piatto giusto un piccolo residuo di cibo.
E' ‘ncriccata a cola:
Simbolo di codardia: quando si preferisce scappare piuttosto che sostenere un confronto o una discussione.
Tato vatte a me e io vatto ‘o puorco:
Si dice di chi reagisce ad un torto o ad una violenza individuando un capro espiatorio del tutto incolpevole.
Spara nummere a obs!:
Modo di dire di stretta attualità davanti alle mirabolanti promesse preelettorali che saranno puntualmente disattese;
‘A panza votte cavece:
Quando si è assaliti da un evidente appetito.
T' è fatto ‘o stummacone:
Si dice normalmente di chi (soprattutto bambini) beve troppa acqua che rallenta la digestione;
Sta ‘ncoppa casa ‘e Cristo:
Abita molto lontano, o in una zona disagiata;
Nun mo firo d'o vedè manc'appriesso a prucessione:
Di chi nutre profonda antipatia o disprezzo nei confronti di un'altra persona;
Nun ne vuleva nun ne vulette se ne mangiaie cchiù de sette:
Si dice di un finto schizzinoso, o di chi dichiara di essere morigerato soprattutto a tavola ma poi dimostra proprio il contrario:
Suonno porta suonno:
E' un detto delle nonne per tranquillizzare le neomamme nel caso un bimbo dorma durante il giorno facendo temere una notte in bianco.
(continua)
Fonte: Il Vescovado
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