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Positano a inizio Novecento: la quasi poetica descrizione del geografo Élisée Reclus

Quella che il geografo Élisée Reclus e il professore universitario Attilio Brunialti redigono nel volume secondo di “L’Italia nella natura, nella storia, negli abitanti, nell’arte e nella vita presente” è una descrizione appassionata e quasi poetica di Positano, com’era nel 1904, anno di pubblicazione del testo

Inserito da (Maria Abate), mercoledì 30 ottobre 2019 11:34:06

È sempre affascinante indagare sul passato del nostro territorio perché ci aiuta a comprendere i cambiamenti che ci hanno portato fino ad oggi. Leggendo le antiche descrizioni della Costa d'Amalfi ci sembra quasi di rivedere le antiche cartoline in bianco e nero, così affascinanti.

Quella che il geografo Élisée Reclus e il professore universitario Attilio Brunialti redigono nel volume secondo di "L'Italia nella natura, nella storia, negli abitanti, nell'arte e nella vita presente" è una descrizione appassionata e quasi poetica di Positano, com'era nel 1904, anno di pubblicazione del testo.

Ve la riproponiamo perché è di una bellezza mozzafiato, come i panorami della città verticale, con il suo italiano antico e il suo particolareggiato andamento descrittivo.

La catena s'aderge turrita e maestosa al suo giogo maggiore di Sant'Angelo a Tre Pizzi, ma poi scoscende per ogni verso in lunghe file di creste malagevoli e solitarie. Le quali, tagliate a mezzogiorno sulla baja di Positano, allungano ad occidente il bastione pinifero di Faito, e rivolte a libeccio coi gradoni e le balze della Conocchia, si collegano alla debole traccia dei monti successivi. Questi s'innalzano ancora col Monte Comune, e la Tore di Sant'Agata sino a che spingono verso Capri, col Monte San Costanzo, l'ultima punta di Campanella.

Tutta questa regione montuosa è così fittamente popolata, che se lo fosse ugualmente l'Italia, avrebbe più di duecento milioni di abitanti. Nessuna contrada è più ondulata rapporto allo spazio, come nessuna offre insieme tanta maestà di monti e bellezza di marine. È la natura che Salvator Rosa amò e ritrasse a preferenza: severa di aspetto, quasi rigida, e pur tanto nobile e grandiosa nella forma. Salendo per le falde di quel vario andirivieni, che da ogni lato si contorna più o meno alpestre, ma sempre ricco di vedute, si scorge come per incanto l'azzurro specchio dell'acqua distendersi qua e là a perdita d'occhio, e la riva sottoposta accerchiarsi in mille guise di rupi stagliate, di prode luccicanti, di cupi recessi dal color verde smeraldo o coperta di lapislazzuli.

Lungo la duplice costiera un porto s'accoglie dietro ogni capo, un giardino s'acchiude sopra ogni poggio, un villaggio s'annida in ogni spianata, e su per la montagna i facili declivi sorridono di olivi e di vigneti, i burroni mormoranti biancheggiano di spesse fabbriche, i dossi ed i ciglioni si ammantano rigogliosi di selve cedue. Un vero sfoggio, uno splendore di vegetazione è per tutta quella catena di calcare magnesifero, così rotta nell'ossatura dal lento lavorìo delle acque: si va di continuo dall'aloe e dal fico d'India alla quercia rovere e al castagno, dall'arancio e dal melagrano al faggio e all'abete; si passa nello stesso giorno dai fiori più delicati del clima marittimo alla rude sassifraga alpina. E intanto, qua le mine di una basilica o gli avanzi di un acquedotto richiamano il pensiero a colonie greche od a città romane [...].

Fonte: Positano Notizie

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