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Storia e Storie

Quarant’anni fa con Giorgio Amendola a Ravello

Inserito da (redazionelda), giovedì 27 agosto 2015 12:43:59

di Bruno Mansi*

Ho tra le mani la foto dell'incontro con Giorgio Amendola di quarant'anni fa (circa) a Ravello. Non avevo più rivisto questa foto da allora.

Da quando Bonaventura Vuilleumier, segretario della sezione PC di Ravello, l'aveva fatta stampare, incorniciare (un piccolo ristello bianco con un righetto rosso) e data a tutti i compagni.

Me ne aveva riparlato qualche tempo fa Alfonso Marsico, dopo averla vista, nella sede del patronato dove Giovanna Amato presta la sua assistenza.

Incuriosito ho chiesto a Luigi (mio figlio), discreto custode del mio passato, di trovarmela.

Nel rivederla, una serie di sensazioni (anche contrastanti) mi hanno assalito. Nell'immediato, come un senso di vertigine, di spaesamento. Poi di forte commozione. Tre dei mie compagnie, con me nella foto (Bonaventura Vuilleumier, Edwin Palumbo e Ciccio Panico) ai quali sono stato legato da sincero affetto e non ci sono più.

E ancora, emozioni. In questa foto sono molto giovane, poco più che ventenne. Quarant'anni e più sono passati. Anni importanti, sia rispetto al passato, sia per quello che resta. E ancora un po' di nostalgia, un po' di rimpianti, qualche rimorso; ma questa è un'altra storia.

Eravamo molti compagni quel mattino all'ingresso di Villa Rufolo ad attendere l'arrivo di Giorgio Amendola. Giorni prima, dal partito, ci avevano avvertiti della sua visita. E anche del suo piacere di incontrare i compagni. Allora si usava così. Altri tempi, un'altra era geologica, come ha giustamente constatato su queste pagine Antonio Schiavo. Ed eravamo anche molto emozionati. Giorgio Amendola era un eroe della Resistenza e un mito per i comunisti. Era un mito anche per me, giovane comunista, da poco approdato al partito, da quel "movimento" che veniva identificato "degli ex sessantottini".

Amendola arrivò con la moglie Germain a bordo di una vecchia auto del partito, guidata da un compagno che li aveva in "custodia". Ci furono le presentazioni: Bonaventura presentò i compagni, Amendola ci presentò la moglie, che era anche una brava pittrice.

Rimase molto sorpresa quando le dissi che conoscevo la sua pittura. Forse le sembrò abbastanza strano che un giovane comunista di in un piccolo paese la conoscesse oltre che come moglie di Giorgio Amendola anche per il suo lavoro.

Ricordo che questo mi gratificò molto.

Amendola ci chiese di pazientare il tempo di una visita con Germain a Villa Rufolo.

Nell'attesa si erano formati piccoli gruppi di persone incuriosite, ed erano arrivati anche i fratelli Gino e Paolo Causo (senior), notoriamente di destra. Si fermarono un po' distanti da noi, all'epoca la differenza destra-sinistra era molto forte e sentita.

Al ritorno di Amendola si intrattennero qualche minuto a salutarlo con cordialità. Affidata la moglie all'accompagnatore, ci raggiunse. Visto il nostro disagio, ci spiegò che conosceva i fratelli Caruso da quando, ragazzo, veniva in vacanza a Ravello con la famiglia. Sapeva che fossero di destra e comunque bisognava portare rispetto per gli avversari.

Passammo molto tempo con Amendola. Ascoltò molti compagni, si informò sulla situazione politica di Ravello, sul lavoro della sezione e ci spronò ad impegnarci al massimo per il partito e il suo sviluppo.

All'ora di pranzo lo riaccompagnammo da Germain, ci lasciò abbracciando tutti i compagni. Ho incontrato Amendola qualche anno dopo, a Salerno, a un congresso del partito che lui presiedeva e al quale io ero delegato. Era già molto malato, ma continuava con tenacia il suo impegno politico. Quando alla fine dei lavori, con l'allora segretario della federazione, Paolo Necchia, andai a salutarlo, fui contento di constatare che si ricordava sia di me che del mio paese. Morirà sul "campo" pochi anni dopo, senza mai smettere la lotta. Dopo poche ore lo seguirà anche la moglie Germain. Oltre che un'altra era, caro Antonio, erano anche altri uomini e, naturalmente, altre donne, non solo nella mia parte politica. Donne e uomini che facevano dell'appartenenza politica una "scelta di vita" e che rimanevano in campo fino alla fine. Oggi non è più così e i risultati si vedono. E non è certo un bel vedere.

*Anima del Partito Comunista a Ravello negli anno '70

Fonte: Il Vescovado

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