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Inserito da Antonio Schiavo (admin), giovedì 28 maggio 2015 15:49:08
di Antonio Schiavo
Risistemando un po' di documenti che avevo lasciato in una cartella sulla scrivania è riemersa la copia di un vecchio verbale ricevuto qualche tempo fa.
Si tratta del verbale della costituzione in Ravello della Sezione del Movimento Sociale Italiano.
Era il 28 luglio del 1947.
Era l'Italia del dopoguerra: in alcune zone del territorio si versava ancora il sangue dei vinti, la maggioranza dei nostri connazionali (fascisti fino a qualche anno prima) era saltata non solo metaforicamente sul carro dei vincitori ma, come da indole purtroppo connaturata, aveva cambiato colore di camicia, si era affrettata a buttare distintivi e gagliardetti dando vita al consueto esempio di trasformismo alla velocità della luce.
Poi ce ne erano degli altri (pochi) che, non rinnegando il proprio passato e forse riconoscendo errori o scelte di campo che qualcuno dichiarerà sbagliate, coltivavano ancora un'illusione.
Giovanile, incosciente, probabilmente inafferrabile e fantastica come sono tutte le illusioni.
E i sogni.
Cinque uomini di Ravello che fanno una scelta controcorrente, rischiosa, disinteressata e costituiscono la sezione di un partito che avrebbe dovuto rappresentare non un nostalgico santuario di recriminazioni e ideali non tradotti in pratica, ma uno spazio per chi non era disposto a vendere quagli ideali un tanto al chilo.
Li immagino mentre nelle due stanzette di una casa in via San Francesco si riunivano e preparavano una campagna elettorale di cui (allora come poi) si conosceva già l'esito, si accingevano a presentarsi come candidati per il Comune, a fare di Ravello un laboratorio di battaglie politiche e morali e di idee per le generazioni a venire.
Qualcuno potrebbe storcere il naso considerando che ho utilizzato, come titolo per questo pezzettino, quello di un romanzo di Elio Vittorini che ha come protagonisti partigiani, quindi ragazzi che, altrettanto coraggiosamente ed in buona fede, avevano combattuto nel campo opposto.
Ma il titolo mi è parso emblematico.
Sono passati circa settant'anni, sono scomparse le ideologie; davanti a noi, prossimi ad entrare per l'ennesima volta in una cabina elettorale, si presentano scenari caratterizzati da alleanze improbabili, da candidati impresentabili, da liste di nominati nelle Segreterie (o nelle segrete) di partiti sempre più simili a comitati d'affari.
Dove i simboli sono stati ridotti a specchietto per le allodole (vedi ad esempio quello di Fratelli d'Italia dove una fiammella tricolore piccola, ma proprio piccola, se non sbaglio è ancora lì).
Rileggere quel verbale però è come un soffio di aria pura tra i miasmi attuali, rincuora, dà speranza agli scettici come chi vi scrive.
La speranza che, proprio in quelle nuove generazioni a cui guardavano sicuramente quei cinque ravellesi in una probabile splendida giornata di luglio di tanti anni fa, ci siano ancora uomini veri pronti a cambiare questo Paese.
A cominciare da Ravello.
Foto: archivio Bonaventura Fraulo
Fonte: Il Vescovado
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